Le statistiche sull'occupazione diffuse in queste ore nascondono qualche sorpresa. L'economia italiana risale la china - dicono - e lo stesso vale per il tasso di crescita lavorativa, ma rispetto ai 124mila posti in più creati a partire dal 2008, quindi da più di un decennio, è necessario presentare più di qualche approfondimento. La freddezza dei numeri, del resto, potrebbe trarre in inganno e una lettura parziale e disattenta è sempre dietro l'angolo.
A spiegare per filo e per segno qual è la realtà raccontata dalle cifre è stato il quotidiano Libero. Nell'edizione odierna si può leggere la parola "sostituzione". Sì, perché in relazione al dato di cui sopra, viene messo in evidenza come gli occupati, tra gli italiani, siano in realtà calati di 640.312 unità. Lo stesso discorso non può essere fatto per le persone di origine straniera, che sono aumentate di 765mila unità. Stiamo parlando di lavoratori. Il periodo è quello indicato in precedenza. Il trend, a ben vedere, era noto almeno dal 2017. Non siamo dinanzi a una novità, ma a una conferma dell'andazzo. Le statistiche, nella loro tipica ineluttabilità, sono state sciorinate da il centro studi ImpresaLavoro. I migranti, insomma, sembrano avere una marcia in più. L'acceleratore interessa soprattutto la loro situazione sociale.
Medesimo ragionamento può essere fatto distinguendo coloro che provengono dall'Unione europea e coloro che invece hanno origini al di fuori del Vecchio continente. Per comprendere meglio il fenome, a ben vedere, basta citare: "...gli occupati stranieri dal 2008 al 2018 sono infatti aumentati da 1.690.090 a 2.455.003". Per i cittadini del Belpaese, invece, rileva l'inverso: "...da 21.400.258 a 20.759.946". La "ripresa" del mercato del lavoro, insomma, non sorride a tutti in maniera eguale. Ragionando sulla stessa falsa riga, ma buttando un occhio a quello che accade negli altri Stati membri dell'Ue, non si può non notare come questa tendenza sull'occupazione appartenga quasi esclusivamente all'Italia.
Le altre "big" europee producono politiche del lavoro meno favorevoli a chi non è originario del posto.La narrativa sulla nazione populista, chiusa di mente e non disposta alle aperture sociali - come fanno notare sul giornale fondato da Vittorio Feltri - ha davvero pochi motivi per esistere.
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