"Mi ritengo di essere fortunato”. Sono queste le prime parole che ci ha detto il questore di Bergamo Maurizio Auriemma nell’intervista che ci ha rilasciato. Poi ha proseguito: “Credo che mia mamma e mio papà dall’alto dei cieli mi abbiano protetto. Mi sono sottoposto al tampone solo perché, per motivi di lavoro, sono stato in contatto con persone che poi sono risultate positive ". La situazione a Bergamo, infatti, è stata tra le più insostenibili in Italia. Ed anche il questore ne è stato suo malgrado protagonista, visto che è risultato positivo al tampone anche se, come ha ci ha raccontato, per fortuna non ha avuto sintomi molto gravi.
Due lunghi mesi quelli vissuti da Bergamo, segnati dalla sofferenza e dalla rabbia nel dover fare ogni giorno la conta dei morti e di dover vedere reparti dedicati alla terapia intensiva stracolmi di malati. Un’intera provincia messa in ginocchio che non sa ancora in che modo e quando si rialzerà dopo una crisi dalle caratteristiche catastrofiche.
Una pandemia che ha segnato una pagina di storia che ha impresso nella memoria di tutti immagini forti che non potranno mai essere dimenticate. “Un pensiero-ha affermato il questore- va a quelle bare trasportate dai mezzi dell’esercito che da Bergamo sono giunte a Ferrara per la cremazione”. Cinquanta mezzi dei militari per un numero di morti che rendono Bergamo la zona più colpita in Italia e seconda nel mondo solo a Wuhan, città cinese da dove si è sviluppato il focolaio del Covid-19. Basta prendere in considerazione la data del 21 marzo scorso per capire come il territorio bergamasco sia stato quello più colpito nel territorio nazionale. In quella data la provincia ha contato più morti di quelli registrati durante la prima e la seconda guerra mondiale messe assieme.
“Bergamo - ci ha detto Maurizio Auriemma- è una provincia addolorata che ha vissuto un periodo molto triste e confuso dal quale, con enorme fatica, enorme sofferenza, ma grande senso di responsabilità da parte di tutti, sta iniziando a vedere la luce in fondo al tunnel. Ma è ancora presto per dire che tutto sia terminato. La gente ha passato e sta passando un brutto momento ma lo fa con un grande senso di dignità”.
Una città paralizzata su più fronti: da quello sanitario a quello industriale fino al commercio al minuto. Un contagio che si è diffuso a macchia d’olio senza risparmiare nessuno, incluse le persone che si sono occupate di come gestire l’emergenza in prima linea al di fuori delle mura degli ospedali. Sono effetti devastanti quelli che ha seminato il coronavirus e, nel cercare di capire perché proprio Bergamo sia stata la zona più colpita della Nazione, sono state sollevate le ipotesi di un nesso con la partita Atalanta- Valencia, giocata a San Siro il 19 febbraio scorso. Subito dopo infatti i casi di contagio si sono estesi a macchia d’olio. “Per quella partita giocata a febbraio- ci ha detto il questore-non ho gli elementi per poter sostenere che sia responsabile della maggiore diffusione del contagio. Credo che lo potranno dire gli studiosi e gli scienziati valutando i sintomi delle persone italiane e spagnole che hanno assistito all'evento. Non so quanti di loro si siano ammalati e in assenza di qualsiasi dato diventa difficile sostenere una tesi”.
Durante la pandemia oltre a cercare di affrontare una situazione senza precedenti si è cercato di capire cosa non abbia funzionato per impedire che accadesse l’irreparabile. Molti i dubbi e le polemiche su come alcune decisioni siano state adottate per impedire il precipitare della situazione che ha seminato morte in ogni famiglia. “Dopo un evento si è tutti molto bravi, esperti e competenti nel dire ciò che andava o non andava fatto- ha dichiarato il questore Auriemma- Credo che si sia trattato di un fenomeno davvero particolare e straordinario, ancora non superato e sconfitto, valutato e affrontato sulla base degli elementi posseduti e sulle conoscenze acquisite”. Il questore ha ritenuto dunque che le risposte da parte delle istituzioni competenti siano subito arrivate: “Da subito sono stati adottati una serie di provvedimenti che hanno riguardato la zona rossa del lodigiano e del padovano, la zona gialla della Lombardia dal 24 febbraio sino a divenire essa stessa zona rossa con tutto il territorio nazionale”.
“Per quel che attiene alle misure di contenimento del contagio- ha continuato Auriemma -obiettivo delle forze di polizia, ritengo che l'inasprimento della sanzione amministrativa e ancor di più , l'utile e concreta opera di convincimento assicurata dalle donne e dagli uomini della polizia di stato e delle altre forze di polizia, abbia dato un importante e fondamentale contributo alla causa. Poi mi sembra che la stessa OMS abbia dichiarato trattarsi di pandemia intorno all'11 di marzo, quando a Bergamo e provincia, erano già migliaia i contagiati e diverse centinaia i deceduti”.
Nel frattempo il virus ha seminato morte e sofferenza e, inevitabilmente, gli effetti e i segni del dolore vissuto dai bergamaschi sono ben visibili incrociando lo sguardo di ognuno di loro.“È chiaro che negli occhi vedi molta tristezza, dolore per situazioni vissute. In questo difficile momento- ha raccontato Maurizio Auriemma- non sono venute a mancare solo le persone anziane, ma anche i giovani”. In questa circostanza il questore ha anche raccontato di molte persone a lui vicine colpite dalla malattia in maniera devastante. Un uomo della questura “preso per i capelli” che ancora è ricoverato in ospedale, una giovane donna della Digos che non riusciva nemmeno a parlare al telefono per le difficoltà respiratorie: “Mi sentivo impotente a non poter dare ad ognuno di loro una parola di conforto e di vicinanza”. Conoscenti, ma anche preti e parenti dei membri della polizia sono venuti a mancare a causa del Covid-19 e, i cittadini che prima il questore incontrava abitualmente in strada, sono stati colpiti mortalmente dalla malattia. Una tragedia umana che lascia ferite profonde nell’animo di tutti coloro i quali hanno avuto la fortuna di sottrarsi al virus.
Per sostenere i più bisognosi, in questi giorni, tutti i bergamaschi hanno unito le loro forze e si sono messi in strada per aiutare, a chi lo chiedesse, con la consegna delle medicine, del cibo e delle bombole per l’ossigeno. “Noi della polizia di Stato- ha affermato il questore- abbiamo aperto una sovvenzione per la fondazione creata da don Fausto Resmini (deceduto anch’egli a causa del coronavirus) che segue le persone disagiate e abbandonate. Per loro è stato effettuato un primo bonifico da cinque mila euro”.
Durante questo periodo nella mail della questura sono arrivate numerose domande contenenti richieste di chiarimento ma anche di aiuto. “La richiesta che ci ha colpiti maggiormente – ha raccontato il questore -è stata quella di aiuto da parte di un’anziana invalida al 100% che era rimasta in casa senza la pensione e senza la possibilità di farsi portare cibo e medicine. Funzioni queste alle quali aveva sempre adempiuto il nipote poi rimasto colpito dal coronavirus. Abbiamo in questo caso raggiunto il direttore dell’istituto bancario per espletare le pratiche burocratiche necessarie consegnando poi la pensione all’anziana e le cose a lei necessarie”.
Una pagina di storia che si è scritta in questo 2020
segnando profondamente Bergamo. Le ferite della città non si rimargineranno facilmente e tutto il territorio per tanto tempo piangerà i suoi morti consapevole di aver vissuto uno dei momenti più bui dal secondo dopo guerra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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