La storia delle Bestie di Satana tra riti, omicidi e dubbi irrisolti

Nel 2004, l'omicidio di Mariangela Pezzotta porta alla luce il gruppo delle Bestie di Satana, condannato per altri due omicidi e un'istigazione al suicidio. Il padre di Fabio, una delle vittime: "Per cercare mio figlio sono sceso all'inferno". Il criminologo Esposito: "Continuiamo a parlarne per fare prevenzione"

La storia delle Bestie di Satana tra riti, omicidi e dubbi irrisolti

Era il gennaio del 2004, quando l'uccisione di una ragazza portò alla luce una storia fatta di riti, satanismo acido e omicidi, che sconvolse l'Italia. Così, tutto il mondo conobbe le Bestie di Satana. A testimoniare sull'esistenza del gruppo fu uno dei membri, Andrea Volpe, che fece i nomi di Paolo Leoni, Nicola Sapone, Pietro Guerrieri, Mario Maccione, Marco Zampollo, Eros Monterosso e Massimiliano Magni. Iniziò da qui un'indagine portò gli inquirenti indietro di oltre 6 anni, fino alla scomparsa di Fabio Tollis e Chiara Marino, di cui non si avevano più notizie dal 1998.

L'omicidio di Mariangela

La mattina del 24 gennaio 2004 il corpo di Mariangela Pezzotta venne ritrovato, parzialmente sotterrato, in una chalet a Golasecca (in provincia di Varese), di proprietà di Giuseppe Ballarin, ma occupato da alcuni mesi dalla figlia Elisabetta. A condurre i carabinieri sul luogo del delitto erano state - come ricostruisce la sentenza di primo grado del processo alle Bestie di Satana - le dichiarazioni di Elisabetta, ricoverata in ospedale insieme ad Andrea Volpe, dopo un incidente. Una volta arrivati allo chalet, i carabinieri trovarono il corpo della ragazza semisepolto, "con il volto completamente devastato, coperto da un cartone e da un badile". Dopo 4 mesi, Volpe iniziò a collaborare con gli investigatori e ricostruì l'omicidio di Mariangela. Secondo quanto dichiarato dal ragazzo, la notte di Natale del 2003, Nicola Sapone gli avrebbe intimato di uccidere la ragazza, sua ex fidanzata allontanatasi dal gruppo, entro un mese.

Così il 24 gennaio 2004 Volpe chiamò Mariangela chiedendole di portargli la registrazione di un concerto ma, quando la ragazza arrivò allo chalet, trovò ad accoglierla Andrea Volpe ed Elisabetta Ballarin con una pistola e un fucile. Una volta entrati in casa, Pezzotta e Volpe iniziarono a discutere e, mentre Elisabetta era in cucina, Volpe sparò e colpì Mariangela alla gola. Vedendo la ragazza cadere a terra, Andrea chiamò Sapone e iniziarono le operazioni per l'occultamento del cadavere: caricarono il corpo su una carriola e lo trascinarono nella serra, dove Sapone, notando che Mariangela era ancora viva, "alzava la pala e gliela tirava in faccia". Poi, dopo aver ordinato ai due fidanzati di finire di seppellire il corpo e di buttare l'auto della ragazza nel canale, se ne andò. A quel punto, Andrea si mise alla guida dell'auto del padre di Elisabetta, mentre lei lo seguì sull'auto di Mariangela ma, arrivati al ponte, l'auto si incagliò e, credendo che la Ballarin stesse male, Volpe chiese aiuto. I due ragazzi furono portati in ospedale, dove Elisabetta confessò l'omicidio.

Le Bestie di Satana

Nel ricostruire gli avvenimenti legati all'omicidio di Mariangela Pezzotta, Volpe raccontò di come anni prima fosse entrato a fare parte di un gruppo: si trattava del circolo di Satana, nome con cui inizialmente si definì il gruppo. Nella sentenza di secondo grado, i giudici ricordano che Sapone, Leoni, Zampollo, Monterosso, Guerrieri, Volpe, Maccione e Magni "si associavano tra loro aderendo a setta satanica denominata Bestie di Satana, allo scopo di commettere un numero indeterminato di delitti di omicidio, violenza sessuale, lesioni, violenza privata, procurato stato di incapacità mediante violenza, vilipendio di tombe e furto aggravato".

"Loro all'inizio erano il circolo di Satana - ha spiegato al Giornale.it il criminologo Francesco Paolo Esposito - poi quando hanno calato la maschera si sono definiti Bestie di Satana". Il gruppo si ritrovava solitamente al parco Sempione, alla fiera di Senigallia di Milano e in un pub milanese. All'interno del circolo, ad avere un peso predominante sarebbe stato Paolo Leoni, uno dei primi componenti e la persona a cui i giudici attribuirono il "ruolo indiscusso di leader carismatico". Secondo quanto dichiarato da Volpe, anche Saponi avrebbe ricoperto un ruolo importante e sarebbe stato lui ad aver impartito alcuni dei comandi riguardanti la setta. Un'altra figura fondamentale era quella del medium, Mario Maccione che, come ammesso da lui stesso nel 2004, poteva mettersi in contatto con un "demone", da cui arrivavano gli ordini rivolti al gruppo. "Era la figura peggiore - ha commentato il criminologo Esposito - fino a pochi giorni prima era a casa di Michele Tollis (padre di Fabio, vittima delle Bestie di Satana, n.d.r.), ha mentito sapendo di mentire, ha detto che avrebbe chiesto scusa e chissà se ci sarà mai un incontro chiarificatore con i genitori delle vittime".

I membri delle Bestie di Satana descrissero agli inquirenti i rituali che erano soliti compiere, spesso sotto l'effetto di sostanze stupefacenti: dalle sedute spiritiche, alle "prove di umiliazione". "Maccione ha mischiato satanismo e abuso di sostanze molto forti - ha spiegato il criminologo - Si è chiuso nel discorso del medium, poi quando ha iniziato a confessare ha calato la maschera e ha detto che erano strafatti". Sulla scena del crimine, spiega Esposito, ci sono elementi che indicano il satanismo: "Per esempio si contano 666 passi dalla chiesa al posto in cui sono stati uccisi Fabio e Chiara e nel tragitto si superano tre cappelle". Tutti numeri simbolici. Ma, la realtà è che bisognerebbe "uscire dal bipolarismo satanisti/non satanisti: ci sono tratti di satanismo, che in questo caso è stato satanismo acido". Il satanismo acido è un fenomeno che in realtà c'entra poco col satanismo vero e proprio, perché è caratterizzato da episodi criminosi e abuso di sostanze stupefacenti. Esposito precisa: "io non ho mai visto Satana uccidere, ma ho visto ragazzi e uomini. E devo ragionare come se loro ci credano davvero".

Chiara Marino e Fabio Tollis

Le dichiarazioni di Andrea Volpe sull'omicidio Pezzotta portarono a galla anche gli omicidi di Chiara Marino e Fabio Tollis, scomparsi nel 1998. Volpe, infatti, indicò agli inquirenti il luogo in cui avrebbero trovato i resti dei due ragazzi, di cui si erano perse le tracce oltre sei anni prima.

La sera del 17 gennaio 1998 Fabio uscì di casa, salutando per l'ultima volta il papà Michele e il resto della famiglia, e si recò alla fiera di Senigallia insieme al resto del gruppo, per poi spostarsi, verso le 21.30, al Midnight, il pub frequentato solitamente. Più tardi, Fabio e Chiara vennero attirati in un bosco di Somma Lombardo (Varese), dove in precedenza era stata scavata una buca, accompagnati da Sapone, Maccione e Volpe. Una volta arrivati nel luogo prestabilito dalla setta, Sapone aggredì Chiara, "riempiendola di coltellate", mentre Volpe si accanì su Fabio, colpendolo ripetutamente. Anche Maccione partecipò all'omicidio di Fabio, sferrandogli una serie di martellate al volto, che frantumarono le ossa del ragazzo: nel corso di questa azione, Maccione si ferì. L'autopsia sui corpi dei due ragazzi confermò che "Marino Chiara venne attinta da 11, molto probabilmente 13 colpi" di arma da taglio, che interessarono diversi organi, causandole una morte per choc emorragico, mentre Fabio Tollis venne raggiunto da "almeno 12 colpi di arma bianca". L'autopsia rilevò sul corpo di Fabio anche un "complesso lesivo di natura contusiva al massiccio facciale, con frantumazione di ossa mascellari e zigomatiche". Altre lesioni indicarono il tentativo di Fabio e Chiara di difendersi. Volpe dichiarò che al ragazzo fu infilato un riccio in bocca e che lui stesso decise di sgozzarlo, sospettando fosse ancora vivo. Una volta concluso il massacro, Volpe, Sapone e Maccione seppellirono i corpi dei ragazzi nella buca scavata in precedenza e ripulirono la scena.

Dalle dichiarazioni di Volpe emergono due precedenti tentativi di omicidio ai danni di Chiara e uno ai danni di Fabio. Il gruppo infatti avrebbe cercato di uccidere Chiara simulando un'overdose, ma il piano era fallito grazie a una pattuglia di carabinieri, che avevano spinto Guerrieri a buttare dal finestrino il cocktail preparato per la ragazza. In un'altra occasione, stando alle rivelazione del membro della setta, il gruppo, che aveva deciso di eliminare anche Fabio, avrebbe tentato di "bruciarli all'interno della macchina". Anche questo piano, però, fallì: la macchina non prese fuoco come avrebbe dovuto e i due ragazzi riuscirono a uscire in tempo. Da lì, si iniziò a preparare il piano che avrebbe portato alla morte Tollis e Marino, colpevoli di essersi allontanati dal gruppo, la notte del 17 gennaio 1998.

"Fabio aveva solo 16 anni - ha raccontato al Giornale.it il padre Michele che, per oltre 6 anni, ha girato tutta l'Italia e mezza Europa alla ricerca del figlio, con la speranza di riportarlo a casa vivo - Suonava: alle medie aveva un professore che lo aveva preso a cuore e gli faceva lezioni private di musica, perché noi non potevamo pagargli il Conservatorio. Con altri 4 amici aveva formato un gruppo di musica metal, Infliction". Un ragazzo che amava la musica e la sua famiglia: "Io lo seguivo sempre, accompagnavo la band ed ero rappresentante di classe: era seguito, era educato, cresciuto in famiglia, fino a che è andato a incappare in questa accozzaglia di delinquenti. Il suo altruismo gli ha giocato un brutto scherzo".

Quella notte Fabio chiamò il papà, avvertendolo che non sarebbe rientrato. Insospettito dalla voce del figlio, l'uomo si precipitò a cercarlo al pub, dove incontrò altri membri del gruppo. Ma di Fabio nessuna traccia. Il caso fu archiviato come fuga volontaria, una tesi che non ha mai convinto Michele Tollis: "Non aveva nessun motivo di andarsene, aveva tutto ciò che poteva desiderare". Così, Michele iniziò le ricerche del figlio: "Il mio concetto di famiglia è molto radicato, non potevo fare a meno di continuare a cercare, per trovare un bandolo della matassa. Lui era mio figlio e andava riportato a casa, pensavo di trovarli ancora vivi, sotto il controllo di qualche santone". Per oltre 6 anni, lui e il figlio maggiore girarono per tutta Italia, seguendo le segnalazioni, convinti che Fabio e Chiara fossero ancora vivi. Inizialmente alle ricerche parteciparono anche gli assassini dei due ragazzi: "Per un paio di mesi venivano anche a casa mia". Poi Michele iniziò a indagare più a fondo, inserendosi negli ambienti frequentati dal figlio e iniziò a sospettare proprio di quegli "amici" che gli si erano presentati dopo la scomparsa di Fabio: "Ci sono voluti applicazione, pazienza e forza, per non parlare dei soldi spesi e delle giornate di lavoro perse. Ma ho continuato la ricerca". Fino al 2004. Fino a quando l'omicidio di Mariangela portò alla luce anche il triste destino di Chiara e Fabio: "A quel punto per me c'è stata la quadratura del cerchio. Ho portato tutto da Masini (il sostituto procuratore di Busto Arsizio che all'epoca si occupò della vicenda insieme all'allora procuratore capo Antonio Pizzi, n.d.r.) che ha riaperto le indagini, perché ha creduto in me". Anni di ricerche, portate avanti con il coraggio e la tenacia di un padre che ha lottato con tutte le sue forze per ritrovare il figlio: "Sono sceso all'inferno e sono tornato con i cadaveri di due ragazzi".

Pizzi e Masini
Il procuratore Antonio Pizzi e il pm Tiziano Masini

Le condanne

Nel 2007 la Corte d'Assise d'Appello di Milano aveva condannato Elisabetta Ballarin e Nicola Sapone per concorso nell'omicidio pluriaggravato di Mariangela Pezzotto, per l'occultamento del suo cadavere e per frode processuale. La sentenza aveva inflitto alla Ballarin 23 anni di reclusione. Sapone, invece, ritenuto responsabile anche dell'omicidio di Chiara Marino e Fabio Tollis e dell'istigazione al suicidio di Andrea Bontade, venne condannato a due ergastoli e tre anni di isolamento. Un ergastolo anche per Paolo Leoni, ribaltando la sentenza di primo grado che gli aveva inflitto 26 anni. Inoltre, a Eros Monterosso e Marco Zampollo vennero inflitti rispettivamente 27 anni e 3 mesi e 29 anni e 3 mesi. Tutte le condanne vennero confermate dalla Corte di Cassazione. Andrea Volpe e Pietro Guerrieri vennero invece giudicati con il rito abbreviato e ottennero in secondo grado una condanna a 20 anni e a 12 anni e 8 mesi. Anche in questo caso, entrambe le condanne vennero confermate dalla Cassazione. Mario Maccione venne condannato a 19 anni e 6 mesi di reclusione. Gli imputati vennero anche condannati a risarcire le famiglie delle vittime.

"Non ci sono stati risarcimenti, e ora cinque sono già in libertà - ha commentato Michele Tollis - Queste cose qui danno fastidio, ma io sono ferreo, non mi lascio andare alla vendetta". E osserva: "Noi abbiamo perso più di tutti gli altri, ma abbiamo sbagliato tutti e io non c'ero quando mio figlio aveva bisogno di me". Gli omicidi compiuti dalle Bestie di Satana sono stati portati a termine in una catena di "premeditazione, esecuzione, occultamento, depistaggio e negazione", in una vicenda che è stata "premeditata e meticolosamente organizzata". Eppure, aggiunge Michele, "alcuni se la sono cavata bene con il rito abbreviato".

Il gruppo venne accusato e considerato colpevole anche del suicidio di Andrea Bontade che, stando ai racconti di Volpe, non si sarebbe presentato la sera dell'omicidio di Fabio e Chiara. Il suo comportamento sarebbe stato visto come un tradimento e il ragazzo venne indotto al suicidio: "Se non lo fai tu, lo facciamo noi", gli avrebbero detto i membri della setta.

Nonostante le condanne, la vicenda sembra non essere chiusa del tutto, come spiega Francesco Paolo Esposito: "Ci sono dei punti ancora aperti e sono convinto che sia necessario continuare a parlare di questa vicenda". I motivi che riferisce sono cinque: "È stata una vicenda straziante e bisogna continuare a dare memoria e importanza al dolore, affinché non vada sprecato; manca un movente chiaro, sia per l'omicidio di Mariangela, che per quello di Chiara e Fabio; ci sono altre 14 vittime, morte in modo misterioso, che sembrano ruotare attorno a questa storia; è una storia che ci appartiene; purtroppo la storia si ripete, per questo vale la pena di continuare a raccontare le vicende delle Bestie di Satana e servircene come grimaldello per scardinare buio e silenzio in altre storie". E conferma: "È una storia chiusa? Secondo me no. E io voglio raccontarla per fare prevenzione".

Che fine hanno fatto le Bestie di Satana?

A 22 anni dalla morte di Fabio e Chiara e dopo 16 anni dall'omicidio Pezzotta, molti dei membri delle Bestie di Satana sono già usciti dal carcere. Andrea Volpe, che prese parte a tutti gli omicidi, è libero: lo scorso aprile ha lasciato il carcere di Ferrara, dopo 16 anni di reclusione. Durante la detenzione si sarebbe convertito alla Chiesa Evangelica e ora sta per concludere il suo percorso di studi in Scienze della Formazione. Fuori dal carcere anche Pietro Guerrieri e Mario Maccione: il primo ha scontato i 12 anni della sentenza, mentre il secondo ha avuto uno sconto sui 19 anni che gli erano stati inflitti, poiché minorenne all'epoca dei fatti.

Ancora detenuti, invece, quelli che furono considerati i leader della setta. Nicola Sapone, condannato a due ergastoli, avendo preso parte, secondo la sentenza, a tutti gli omicidi, si è iscritto alla facoltà di filosofia. Anche Paolo Leoni si trova ancora in carcere, dove lavora per l'officina, costruendo infissi. Entrambi si sono dichiarati innocenti e Leoni aveva presentato ricorsi per la revisione del processo prima a Brescia e poi anche alla Corte Europea, in entrambi i casi senza successo.

Elisabetta Ballarin, che aveva assistito all'omicidio di Mariangela Pezzotta, è uscita dal carcere, si è laureata in conservazione dei beni artistici e ha lavorato all'ufficio del turismo del lago di Iseo. Fondamentale per la sua posizione è stato il padre della vittima, Silvio Pezzotta, che ha offerto alla ragazza il suo aiuto, considerandola un'ulteriore vittima della setta. L'uomo aveva accolto anche la richiesta di grazia avanzata dai legali di Elisabetta.

La storia delle Bestie di Satana è una storia "incredibile e allucinante", che lascia sconvolti, per la ferocia e la premeditazione con cui sono stati compiuti i delitti. "Ma è realmente accaduta.

E la realtà è qui, visibile", osserva Michele Tollis, che ha toccato con mano il dolore di aver perso un figlio e ha portato avanti per anni la sua battaglia con coraggio e determinazione, fino a scoprire il triste epilogo nascosto dietro alle azioni di quello che sembrava solo un gruppo di ragazzi.

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