Biden è presidente, ma comanda già Kamala

Niente si sta veramente concludendo, nel bene e nel male, dell'era Trump, dopo che Biden ha preso 74,9 milioni di voti contro i 70,7 dei Repubblicani, sempre che i dati risultino esatti

Biden è presidente, ma comanda già Kamala

N iente si sta veramente concludendo, nel bene e nel male, dell'era Trump, dopo che Biden ha preso 74,9 milioni di voti contro i 70,7 dei Repubblicani, sempre che i dati risultino esatti. L'America è spaccata in due, e l'impresa nazionale e internazionale di Trump è una pietra di paragone. Trump resiste perché nessuno ama essere un «loser», un perdente, tanto meno nella società americana, ancor meno quando si è Trump. Non accetta di uscire dalla Casa Bianca non solo perché afferma che sono i brogli ad aver portato il suo rivale alla vittoria ma anche perché sa che gli Usa siedono su un vulcano che erutta scontro culturale, sociale, etnico, senza fondo.

Lo scontro non è politico, è molto di più. La vittoria di Biden è la festa di un modo di vedere il mondo, del multilateralismo, dell'internazionalismo in politica internazionale; e, all'interno, di un'estetica che esalta l'esibizione razziale e sessuale mentre spregia l'espressione della tradizione, che sposta lo sguardo dai «deplorevoli» operai o dai poveri piccolo-borghesi o contadini delle zone rurali americane sospettandoli di essere dei fascisti. Non importa se il supporto per Trump fra gli afroamericani e gli ispanici è molto cresciuto: molti sostengono che è frutto del «privilegio bianco».

La vittoria di Biden, anche se l'uomo ha caratteristiche di medietà e di moderazione, è oggi di un mondo che ha anche larghi toni estremi, di criminalizzazione dell'avversario visto come una specie di delinquente patentato. I nuovi eletti e i movimenti correnti prosperano nel disprezzo per la cultura occidentale in termini di colpa; nelle strade festeggia, oltre ai borghesi di New York e di Hollywood, anche chi può sventolare l'appartenenza a un gruppo che, in base al colore o alla appartenenza sessuale, vanta una supposta superiorità e magari bullizza altri gruppi, mentre a volte distrugge e saccheggia come a Philadelphia. Questi due mondi resteranno e non sarà facile placarli, Biden forse diventerà per i movimenti che lo hanno votato un suprematista bianco e un fascista.

Nel mondo, i peggiori festeggiano: l'Iran spera in ciò che Biden ha promesso, una ridefinizione del trattato cancellato da Trump. Il presidente Hassan Rouhani ha già annunciato che «la futura amministrazione Usa soccomberà al volere del popolo iraniano» e anche se Biden cercherà di cambiare almeno la famosa «sunset clause» dell'arricchimento dell'uranio, questo non cambierà la famelica corsa al nucleare e in genere al potere islamico mondiale. L'Iran intanto cercherà di giocare un ruolo da poliziotto buono a fronte della Turchia sempre più aggressiva verso i suoi alleati nel Mediterraneo Orientale, che finge di controbilanciare l'Iran e la Russia ma fa guerra un po' ovunque e diffonde la shariah e del terrorismo nel mondo. La Cina è di buon umore, le revisioni degli accordi commerciali e dell'imperiale gestione della cosiddetta «proprietà intellettuale» cyber fatta da Trump hanno creato rapporti da guerra fredda, anche se difficilmente le cose potranno cambiare. In Russia Putin sta pensando a un «reset», e Biden potrebbe proporgli subito una rinfrescata del trattato Star di controllo delle armi che scade nei prossimi giorni, ribadendo così la cura per gli ambiti che Trump tralasciava. Biden tornerà a esaltare il ruolo dell'Onu, dell'Oms, dell'accordo di Parigi sul clima, del tribunale internazionale. Non criticherà più i Paesi Europei, anche quando non investono nella Nato. In Israele, Biden non sposterà l'ambasciata da Gerusalemme né frenerà la pace coi paesi sunniti che finalmente Israele ha stretto per opera di Nertanyahu e Trump nelle settimane scorse. Sarà l'atmosfera a ricordare il gioco di Obama, che era attivista propalestinese e Biden non lo sarà. Tuttavia cercherà di riportare i palestinesi in gioco, ma questo bloccherà l'azione di pace perché i Palestinesi non sono interessati a un compromesso.

La pace, la prospettiva di un mondo migliore a volte hanno la faccia e la mimica poco carine di Trump. Anche questa è l'America. A molti, piace di più Clint Eastwood di George Clooney. Con tutto il dovuto rispetto, e tanti auguri.

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