Tenevano il figlio di 11 anni segregato in casa, rinchiuso al buio di una cameretta sprovvista di qualunque comfort. Per questo motivo, lo scorso 1 luglio, due genitori di Arzachena (Sardegna), erano finiti in manette con l'accusa di maltrattamenti e abbandono di minori. Ma non è tutto. Complice degli abusi sarebbe stata anche la zia per la quale, martedì 10 dicembre, si sono spalancate le porte del carcere di Bancali, a Sassari.
Sarebbe stata lei, la zia del bambino, ad ispirare ed istigare la coppia ai metodi diseducativi. È quanto emerge dalle indagini relative alla vicenda de "la villetta degli orrori" che, in estate, aveva attirato l'attenzione della cronaca per la crudele singolarità del caso. La donna, di cui non sono ancora note le generalità, è stata tratta in arresto dai carabinieri del reparto territoriale di Olbia, guidati dal colonnello Davide Capra, su disposizione del Gip del Tribunale di Tempio Pausania.
Lo avevano rinchiuso in una camera dismessa, senza letto, priva di luce e con un secchio colmo d'acqua in cui espletare i propri bisogni fisiologici. Un luogo angusto, tetro, da cui era impossibile uscire o anche solo pensare di darsi alla fuga. È stato questo l'inferno in cui ha vissutto un ragazzino di soli 11 anni, costretto da mamma e papà tra le mura di un bugigattolo asfissiante. E tutt' oggi, a distanza di 6 mesi dalla macabra scoperta da parte dei militari dell'Arma, non sono ancora chiari le ragioni – posto che ve ne siano, e di lecite – che hanno spinto la coppia di Arzchena a trasformarsi negli aguzzini del proprio figlio. Un bambino come tanti, vittima come pochi di una crudeltà delirante.
"Scusate se vi disturbo, io sto cercando di chiamare mia zia. Ho bisogno di parlare con lei ma adesso sono chiuso in camera e questi cellulare non ha la scheda, dunque non posso chiamarla". Questo il contenuto della telefonata, pervenuta al 112 lo scorso 29 giugno. A chiamare era stato proprio il bambino che, approfittando dell'assenza dei genitori, usciti per andare ad una festa in Costa Smeralda, aveva effettuato una "chiamata d'emergenza" da un cellulare sprovvisto di sim. Insospettiti dall'anomala richiesta, una "gazzella" del reparto provinciale di Olbia, diretta da Alberto Cicognani, era intervenuta repentinamente presso l'abitazione per accertare l'entità della segnalazione. Solo due giorni dopo, il papà e la mamma del ragazzino erano in manette con l'accusa di maltrattamenti e abbandono di minore.
Un caso di abusi e violenze senza precedenti degni nota. Messo al sicuro in una residenza protetta, l'undicenne aveva raccontato di essere malmenato sovente con un tubo di gomma – lungo un metro e mezzo, nascosto sotto al divano dal padre e usato a mo' di verga – reso poi ai carabinieri. Il piccolo aveva stipato anche un diario in cui annotava tutte le violenze quotidiane a cui era costretto. Un elenco rabbrividente di botte, soprusi e umiliazioni dettagliato di data e ora delle atroci esecuzioni. Da far accapponare la pelle.
Dopo le scioccanti rivelazioni, gli inquirenti avevano
ricostruito la vicenda rapidamente e tratto in arresto i genitori della vittima, di 43 e 47 anni. E oggi, alle sbarre ci è finita anche la zia. Con la speranza che si sia giunti al capitolo conclusivo di questa amara vicenda.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.