Grande varietà di gioco, certo. Ma mai quanto di vita.
Jannik Sinner che vince, stravince e convince un intero Paese (il campione che tutti i tifosi vorrebbero). Sinner che sotto il diluvio si mette a chiacchierare con la raccattapalle tenendole l'ombrello (il ragazzo che tutte le mamme vorrebbero). Sinner che su una sedia a rotelle palleggia con il numero 1 al mondo del tennis in carrozzina per abbattere le barriere dello sport (che sensibilità questo ragazzo!). Sinner e il suo hairstylist, l'esaltazione tricologica dei capelli «rosso tizianesco», ne ha tantissimi, che bulbo!, «e non vuole il gel!» (ma come è bello questo ragazzo!). Sinner che fa visita alla Nazionale di calcio e l'allenatore Spalletti lo accoglie con un inchino: «Prendete esempio da lui» (ma che modello di disciplina questo ragazzo!). Sinner che durante il match capisce che qualcuno fra il pubblico si sente male e gli fa avere l'acqua, salvandolo (come si fa a non adorare questo ragazzo?)...
Sinner come Re Taumaturgo. Come campione esemplare. Come il figlio, il fratello, il compagno, il marito, il collega, l'atleta, il padre che tutti vorremmo.
Sinner, naturalmente, è bravissimo. Ma adesso dobbiamo salvarlo.
Non da se stesso lui non ha colpe - ma dal più pericoloso dei rischi: la santificazione. Non possiamo contare su noi italiani, popolo imbattibile a gettare nella polvere chi, con la stessa velocità, abbiamo innalzato poco prima sugli altari. Meglio confidare in Sinner. Che almeno è mezzo tedesco.
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