C'è un proiettile di fucile nella busta indirizzata ad Andrea Padalino, il pubblico ministero il cui nome, insieme a quello del collega Antonio Rinaudo, è legato alle indagini ad attivisti del movimento No Tav, accusati di terrorismo e poi assolti dalla Cassazione, che ha ritenuto che gli assalti al cantiere di Chiomonte non costrinsero "i poteri pubblici a rinunciare alla realizzazione della linea ferroviaria" e dunque che un'accusa così grave non potesse reggere.
Portava l'indirizzo di casa del magistrato la busta fermata dai metal detector delle Poste e poi sequestrata dagli agenti della Digos. All'interno un proiettile da sei centimetri per fucile, senza rivendicazioni. È una nuova intimidazione, quella rivolta al pm, ma non è di certo la prima.
Minacce arrivarono anche lo scorso dicembre, dopo uno sfratto in via Baltea a Torino. E a giugno di quest'anno due lettere-bomba furono spedite al tribunale di Torino, indirizzato ai colleghi Rinaudo e Roberto Sparagna.
Nel gennaio 2014 su uno striscione lungo venti metri apposto alle Molinette e che recava le firme di quattro attivisti arrestati si leggeva "Padalino. Terrorista è tua madre. No Tav", in riferimento all'accusa formulata insieme a Rinaudo sui fatti del cantiere dell'alta velocità, colpito con oggetti e una ventina di molotov.
Nell'aprile dello stesso anno Giuseppe C., l'autista di Rinaudo aveva denunciato di essere stato malmenato da tre uomini incappucciati sotto casa, apostrofato come "servo dei servi" pochi giorni prima del processo ai quattro accusati di terrorismo.
"Stanno tentando di far vedere che ci sono, che esistono", aveva commentato il pm il giorno dopo, nell'assenza tuttavia di una rivendicazione specifica. E più tardi l'autista era stato accusato di simulazione di reato, quando non erano stati trovati riscontri su quanto aveva raccontato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.