Il Ministero dell'Interno le chiama "Vittime del dovere", rigorosamente con la "v" maiuscola. Sono i servitori dello Stato che sono morti, o hanno riportato un'invalidità permanente, in attività di servizio e nell'espletamento delle funzioni di istituto. L'ultimo in ordine di tempo è il 35enne Mario Cenciello, il vicebrigadiere dei Carabinieri aggredito e ucciso a coltellate a Roma da due criminali stranieri nella notte tra giovedì e venerdì. Prima di lui, a sacrificarsi per la Patria, sono state alcune migliaia di persone, eroi che hanno dato la vita - o rinunciato alla propria integrità fisica - solo per fare il proprio dovere. L'archivio che raccoglie i loro nomi - pubblicato sul sito internet del Viminale - ne riporta la cifra esatta: 3.776. Una lunga lista di uomini (e donne) che nel frattempo si è allungata, dato che l'elenco è stato aggiornato per l'ultima volta il 19 aprile di quest'anno.
Chi sono le "Vittime del dovere"
Come scrive il Ministero dell'Interno, per rientrare tra le vittime del dovere bisogna avere riportato lesioni "nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; in operazioni di soccorso; in attività di tutela della pubblica incolumità; in attività di prevenzione e di repressione dei reati. Tra gli eroi non solo carabinieri, ma anche poliziotti, finanzieri, vigili del fuoco, soldati delle Forze Armate (Esercito, Marina e Aeronautica), dipendenti pubblici (Ministero della Difesa, Ministero della Giustizia, etc.), vigili urbani e privati cittadini".
Gli altri carabinieri uccisi negli ultimi anni
Oggi, però, è giusto dare la priorità ai caduti dell'Arma dei Carabinieri, corpo che negli ultimi anni ha subito molti lutti. Un articolo di Skytg24 ne ha ricordato alcuni. Come quello di Antonio Santarelli, massacrato insieme a un collega il 25 aprile 2011 da un gruppo di 4 ragazzi. La loro colpa? Averli fermati nei pressi di un rave party. L'altro agente se la cavò, non Santarelli, morto a 43 anni dopo un annodi coma e agonia. Il 27 gennaio 2016, a morire fu il maresciallo Antonio Taibi, 47 anni, raggiunto nella sua casa di Carrara dai colpi di pistola sparati da un 72enne convinto che avesse indagato sui suoi figli condannati il giorno prima per spaccio di droga. Poi fu la volta del sottufficiale Silvio Mirarchi, 53 anni, ferito mortalmente l'1 giugno 2016 da un colpo di pistola durante un appostamento nei pressi di una serra illegale adibita alla coltivazione di cannabis, nelle campagne attorno a Marsala.
Gli ultimi casi, prima di Mario Cerciello, sono stati quelli del 34enne Emanuele Reali, vicebrigadiere della Compagnia di Caserta travolto da un treno il 7 novembre 2018 mentre inseguiva un presunto ladro; Vincenzo Carlo Di Gennaro, 47 anni, maresciallo maggiore ucciso il 13 aprile 2019 da un pregiudicato a Cagnano Varano, in provincia di Foggia, come vendetta nei confronti della denuncia che gli sarebbe stata fatta dopo essere stato trovato in possesso di alcune dosi di cocaina; e l'appuntato Emanuele Anzini, 41 anni, travolto e ucciso da un'automobilista -
risultato positivo all'alcool test - a un posto di controllo a Terno d'Isola (Bergamo). Anzini era in ordine cronologico l'ultimo carabiniere morto in servizio. Ora, al suo posto, c'è Mario Cerciello Rega.Volanti della @poliziadistato, a sirene spiegate, davanti al Comando Generale dei #Carabinieri, per solidarietà all'Arma che oggi perde uno dei suoi uomini. Un momento pieno di emozione che ci sembra giusto condividere, ringraziando i colleghi della Polizia per il gesto. pic.twitter.com/FvnuqKiq9O
— Arma dei Carabinieri (@_Carabinieri_) 26 July 2019
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