Caso Orlandi, le tombe del Cimitero Teutonico sono vuote

Al termine delle operazioni di apertura delle due tombe nel Cimitero Teutonico non sono state trovate né ossa né sepolture. "E' incredibile", ha detto l'avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi

Caso Orlandi, le tombe del Cimitero Teutonico sono vuote

C'era molta attesa e curiosità sull'esame delle due tombe poste nel Cimitero Teutonico del Vaticano, dove si ipotizzava potessero trovarsi le spoglie di Emanuela Orlandi, misteriosamente scomparsa il 7 maggio 1983. L'apertura, avvenuta oggi, è stata possibile dopo il via libero del Vaticano, con un decreto del 27 giugno scorso. Ma, a sopresa, all'interno delle due tombe non c'era niente: né ossa né sepolture. Vuote. Il dettaglio è stato fornito dall'avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò: Non ci sono sepolture e non ci sono ossa: le due tombe sono completamente vuote, è incredibile". Poi ha aggiunto: "Le operazioni si sono concluse, una tomba è in fase di chiusura per l'altra è stato disposto l'ordine che resti aperta ancora per qualche ora. L'unica certezza - sottolinea Sgrò lasciando la città del Vaticano con Pietro Orlandi, fratello di Emanuela - è che non ci sia nessun cadavere sepolto in nessuna delle due tombe. Siamo tutti quanti siamo rimasti tutti meravigliati di questa cosa".

Un portavoce del Vaticano, intanto, ha confermato che non ci sono "né reperti né urne, e che sarano fatte le opportune verifiche sugli interventi strutturali". Insomma, si vuole fare piena chiarezza su questa storia. A maggior ragione ora dopo che, a seguto di numerose segnalazioni, le tombe sono state aperte e al loro interno non si è trovato alcun resto.

Per l'apertura delle tombe e la richiusura è intervenuto il personale della Fabbrica di San Pietro, mentre per l'acquisizione dei reperti (che poi non è avvenuta, viste le circostanze) erano presenti Giovanni Arcudi, coadiuvato dal suo staff, oltre a un perito di fiducia nominato dal legale della famiglia Orlandi. Presenti anche il Promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Gian Piero Milano, il suo aggiunto Alessandro Diddi, e il comandante del Corpo della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani.

"È mio dovere cercare la verità", finchè non si troverà Emanuela, ha detto Pietro Orlandi all’uscita del cimitero. "Non riesco ad accettare passivamente questa ingiustizia. Ho diritto alla verità".

Il mistero si infittisce perché sotto una delle due tombe analizzate è stata trovata una stanza con una struttura in cemento armato abbastanza recente. Tutto lascia pensare, chiarisce il perito di parte della famiglia, Giorgio Portera, "che si tratti di un ambiente abbastanza recente e di certo incompatibile con una sepoltura dell'Ottocento". Il perito ha poi aggiunto che "pur essendo in un altro Stato mi sembra strano che non vi sia qualche documento che ci dica se lì c'era un corpo o se si trattava di una sepoltura in ricordo della principessa. Ci deve essere un documento o un incartamento ed è doveroso che venga condiviso anche con la famiglia Orlandi. Se non ci sono le bare è difficile dire se sia stato traslato qualcosa".

L'appello della famiglia Orlandi

L'avvocato Laura Sgrò ha sottolineato che "è vergognoso che dopo 36 anni o per omertà, o per paura, o per utilità personale, chi sa, perché c'è chi è vivo e sa, non metta a disposizione degli inquirenti le proprie informazioni per dare finalmente giustizia ad Emanuela. Deve essere trovata, e la risposta deve essere data non solo alla famiglia ma anche allo Stato italiano. Perché è una scomparsa legata a troppe vicende oscure di questo Paese. Chi sa qualcosa ci aiuti, ci chiami. Pietro qualche giorno fa, ricordando Emanuela, ha detto che chi tace e complice.

Lo pensiamo tutti quanti. La famiglia Orlandi - ha proseguito l'avvocato - ha bisogno e diritto di avere risposte. Sono passati 36 anni e cambiate tante cose: i governi, i Papi, tutto. E ora di dare risposte a questa famiglia".

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