Castel Volturno, costrinse connazionale ad abortire: arrestata nigeriana

Donna in manette nel casertano, fornì alla giovane donna incinta delle pillole che provocarono una forte emorragia

Castel Volturno, costrinse connazionale ad abortire: arrestata nigeriana

A Castel Volturno, in provincia di Caserta, gli agenti della squadra mobile di Bari insieme a quelli di Caserta, hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo pugliese, nei confronti di una cittadina nigeriana di 49 anni, con precedenti di polizia in materia di stupefacenti. La donna è ritenuta responsabile dei reati di riduzione in schiavitù finalizzata allo sfruttamento sessuale e all'accattonaggio, tratta di esseri umani con l'aggravante del pericolo per la vita, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina; reati aggravati dalla transnazionalità e dall'interruzione di gravidanza non consensuale, il tutto ai danni di una giovane connazionale. Le indagini sono state avviate a novembre dello scorso anno, dopo la segnalazione dei sanitari della clinica Mater Dei Hospital dopo l’arrivo, al pronto soccorso, di una giovane donna al quinto mese di gestazione, vittima di aborto clandestino procurato attraverso l'assunzione di pillole per l’interruzione di gravidanza. La giovane donna, a seguito dell'aborto clandestino, era giunta in ospedale con una forte emorragia che le aveva causato anche un grave stato di anemia acuta.

L'intervento del personale della sezione "criminalità straniera e prostituzione" della squadra mobile ha consentito di individuare fin da subito l'abitazione dove era stata rinchiusa la ragazza e di sequestrare numerosi indumenti ancora intrisi di sangue. Dopo aver ascoltato diversi testimoni e la stessa vittima e grazie alle attività tecniche di indagine si è potuta ricostruire l'intera vicenda. La donna, originaria di Benin City (Nigeria), dove viveva in precarie condizioni economiche, venne convinta a trasferirsi in Italia da una sua connazionale che avrebbe finanziato il viaggio, con la cifra di 28mila euro che la stessa avrebbe dovuto successivamente restituire una volta giunta in Italia. Partita dal suo paese, venne dapprima trattenuta in Libia, all'interno di un campo con altri migranti, e successivamente imbarcata su un peschereccio assieme ad altre 130 persone. Durante la navigazione verso l'Italia, a seguito del naufragio del barcone, due donne persero la vita mentre lei, dopo l'intervento dei soccorritori, venne trasferita presso il centro di accoglienza di Lecce.

Prelevata da un suo connazionale, venne accompagnata a Bari e data in consegna alla donna arrestata che, una volta appreso del suo avanzato stato di gravidanza, la costrinse ad assumere alcuni farmaci abortivi che le provocarono la forte emorragia. A seguito della richiesta di soccorsi fatta da un'altra cittadina nigeriana, la donna ora in manette si allontanò facendo perdere le proprie tracce, fino all'arresto a Caserta.

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