Afghani in Italia: 6mila chilometri per sfuggire ai talebani​

Interpreti, autisti, baristi: corridoio umanitario per le famiglie di chi ha collaborato per 20 anni con l'ambasciata italiana in Afghanistan. A Edolo gara di solidarietà

Afghani in Italia: 6mila chilometri per sfuggire ai talebani​

Un viaggio lungo più di 48 ore e oltre 6mila chilometri. Cominciato da una Kabul stretta nella morsa dell’orrore talebano, passato da Kuwait City e Roma, per concludersi a Edolo, un paesino della Valcamonica a 700 metri d’altezza.

Sono più di cento i profughi afghani arrivati sabato nel Bresciano, tutti collaboratori dell’Ambasciata italiana e delle truppe impegnate nel Paese negli ultimi 20 anni, che sono stati inseriti in un programma di protezione umanitaria. Dopo un percorso lungo e tortuoso arrivano accolti da istituzioni locali, agenti e volontari della Croce Rossa Italiana. Dai finestrini degli autobus salutano, si colgono i timidi sorrisi anche al di là dei vetri, anche sotto le mascherine. Per loro Edolo rappresenta solo l’ultima tappa di un’odissea cominciata settimane fa.

Si tratta di traduttori, interpreti, autisti, inservienti e baristi. Personale che ha collaborato per due decenni con le nostre autorità in Afghanistan. Per loro e le rispettive famiglie l’Italia ha riservato una via d’uscita. I bambini sono tanti, più di un terzo dei 100 ospiti. Aggrappati alle mani dei genitori, in braccio alle mamme. Tutti si guardano intorno velocemente e si dirigono verso la loro nuova casa. Nella base militare logistico addestrativa bresciana resteranno un mese. Trascorreranno i primi 10 giorni in quarantena, i restanti serviranno per ottenere lo status di rifugiati. A garantire l’assistenza sanitaria e i pasti saranno i volontari della Croce Rossa Italiana, dieci al giorno quelli impegnati nel progetto.

Intanto la piccola Edolo - 4.500 abitanti - ha già accolto con un’ondata di solidarietà i profughi. Da giorni il cellulare del sindaco è in fiamme. Chiamate, messaggi, chat. Ma soprattutto richieste di informazioni: come possiamo aiutare queste persone? “E’ una mobilitazione veramente molto interessante - commenta il primo cittadino del paese Luca Masneri -, in queste ore sono arrivati tantissimi messaggi di famiglie che vogliono mettere a disposizione i loro giochi per i bambini e indumenti, educatori che si sono messi a disposizione per dare un supporto alle famiglie. Oggi sono ancora più orgoglioso della nostra comunità”. Ma il processo di vicinanza è appena cominciato. “Presto raccoglieremo indumenti e giochi donati dai residenti e li distribuiremo ai nostri ospiti. L’attenzione è soprattutto per i più piccoli; anche se la caserma non è angusta ed è dotata di diverse aree svago, saranno loro a soffrire di più la permanenza forzata per dieci giorni in un’area militare dalla quale non potranno uscire”.

Il sindaco usa poi parole nette: “Accoglierli non è un’opzione ma un dovere, queste persone devono lasciare oggi la loro terra perché hanno collaborato col nostro Paese. Ed è anche una questione di credibilità nazionale: l’Italia non abbandona chi li supporta in un Paese straniero”.

Intanto il sole cala dietro

le montagne della Valcamonica. Sono diverse da quelle che avvolgono Kabul, ma forse sono negli occhi dei nuovi arrivati le uniche capaci di legare due mondi così distanti e così diversi.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica