Il centro dei desideri

Nell'ultimo colloquio che ebbi con Silvio Berlusconi, mi disse che, la differenza tra i due poli non sarebbe andata oltre il 2-3%

Il centro dei desideri
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Nell'ultimo colloquio che ebbi con Silvio Berlusconi, mi disse che, con Pd e grillini destinati ad avere un'alleanza strutturale e a polarizzare altri pezzi dello schieramento della sinistra, la differenza tra i due poli non sarebbe andata oltre il 2-3%. L'esperienza insegna che i bacini elettorali in Italia sono più o meno quelli: gli spostamenti avvengono perlopiù all'interno delle coalizioni o al massimo i voti finiscono nell'astensione, non fuori. E la previsione di un cavallo di razza come il Cav si sta verificando. Con questa premessa, l'idea di Berlusconi era ampliare lo schieramento verso il centro valorizzando Forza Italia, o individuare nuovi alleati.

Nel processo di definizione dei nuovi schieramenti nel dopo Berlusconi e in vista delle Europee, negli ultimi giorni si sono verificati due fatti nuovi: Forza Italia ha aperto ai partitini ultimi eredi della Dc e ad altri gruppuscoli dell'area moderata (vedi il gruppo del governatore della Liguria Toti e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro); Matteo Renzi, invece, ha varato il progetto del «Centro», cioè l'idea di una ricomposizione di un'area centrale che a differenza del passato parte su sua iniziativa dal versante progressista. I soggetti che si muovono su quest'orizzonte perseguono un'idea che spesso si è rivelata una chimera. Ma in questa fase, con il venir meno di una figura come quella di Berlusconi, una personalità che ha caratterizzato trent'anni di storia patria, può maturare qualcosa di nuovo. Delle tre, l'una: o Forza Italia tiene il campo e magari si assicura un futuro senza il Cav ma nel nome del Cav, mantenendo la sua egemonia nell'area centrale; o Matteo Renzi riesce nell'operazione di catalizzare un pezzo dell'elettorato berlusconiano e un pezzo dell'elettorato piddino (ciò che resta dell'area cattolica della Margherita) e garantisce ossigeno al suo «Centro»; o queste due realtà - e sarebbe l'opzione più intelligente ma anche la più difficile perché manca nei gruppi dirigenti quello spirito inclusivo e il carisma che ha fatto grande Berlusconi - raggiungono un'intesa e assumono un ruolo di rilievo in quella terra di confine tra i due poli che spesso in Italia decide le elezioni. Un particolare che molti spesso dimenticano. Ad esempio, lo schema su cui si stanno indirizzando la Schlein e Conte somiglia più all'Unione del 2006 che non all'Ulivo: ebbene, in quelle elezioni l'Unione si impose sul centrodestra prendendo 25mila voti di più alla Camera e, addirittura, per effetto della legge elettorale su base regionale, 500mila voti in meno al Senato.

Questo per dire che quella «chimera» potrebbe determinare la vittoria dell'uno o dell'altro schieramento alle prossime Politiche.

Ecco perché nel centrodestra tutti questi movimenti dovrebbero suscitare un minimo di riflessione: c'è da sfatare la consuetudine del bipolarismo italiano che non ha mai visto uno schieramento vincente ad un'elezione imporsi anche nella successiva. Più che una consuetudine, una maledizione, perché un conto è avere a disposizione 5 anni per trasformare un Paese, un altro averne dieci.

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