«Non me ne frega niente, l'età non è importante per me».
Mi risponde così Ornella Muti quando mi azzardo a dirle che fra qualche mese compirà settant'anni.
Cosa rappresenta per te l'età?
«Per noi donne uno spettro. Per gli uomini no. Ma io non le do nessun valore. L'età è un numero, non ti definisce come persona».
Che rapporto hai (...)
(...) con i bilanci che si fanno della vita?
«Fare bilanci mi inquieta».
Senti di essere più matura di qualche anno fa?
«Tutto dipende molto dal lavoro che fai su te stessa. Io lo faccio giornalmente».
Lo scopo di questo tuo lavoro interiore?
«Comprendere i miei buchi, i miei vuoti, le mie fragilità e cercare di migliorarmi».
Sbaglio o per un periodo hai sposato la religione buddista?
«Sono stata buddista per molti anni. Adesso non lo sono più. Mi è stato utilissimo per tanto tempo. Poi nella vita uno evolve, cambia. E all'improvviso mi è sembrato più giusto seguire Dio».
Il valore della famiglia nella tua vita?
«Ha sempre avuto una priorità assoluta. I miei figli e i miei nipoti sono sempre venuti prima di tutto. Sono le mie radici. Se queste radici non le curi, l'albero si secca. Gli affetti non sono come un vestito che va in disuso».
Cosa ha rappresentato per te la bellezza?
«Oggi, sicuramente è un fardello».
Perché?
«È un continuo sentirsi dire: Come eri bella da giovane. Ma sei bella anche ora».
Un confronto che pesa?
«Se non hai una tua base solida rischi di perderti. Pensi di non esistere più. Non sono più quella di una volta quindi non valgo più. Questo è ciò che porta questo lavoro, questa società».
Come sei riuscita a conciliare famiglia e lavoro?
«È stata una danza molto faticosa. Per me famiglia e lavoro sono le priorità assolute. Ho sempre cercato di far andare le cose in armonia. Ci sono stati momenti in cui hanno patito un po' di più gli affetti, altri la carriera».
Ci sono state scelte lavorative di cui ti sei pentita?
«Forse ci sono dei film che oggi non rifarei, ma parlo di piccole cose. Ma ogni errore è utile per capire dove hai sbagliato e farne tesoro. Detesto piangermi addosso. Energia sprecata. Il passato è andato e può solo servirci a non ripetere gli stessi errori».
Sei convinta che non si ripetano?
«Penso che l'errore più grande sia dare la responsabilità agli altri dei propri sbagli. Invece la responsabilità è nostra. Siamo noi i protagonisti di ciò che ci accade, le delusioni che noi abbiamo dipendono da noi stessi».
Ricordi un episodio di quando hai dovuto sacrificare gli affetti per il lavoro?
«È successo che una volta mia figlia Naike si doveva operare di appendicite e io ero in Cile a girare un film».
Le tue assenze hanno generato in te molti rimorsi?
«Devo dire che ho la fortuna di avere figli molto generosi».
Fare l'attrice era il tuo sogno da bambina?
«No, mi è capitato. Mi ci sono trovata».
Se tu non avessi fatto l'attrice cosa avresti fatto?
«Io volevo fare la ballerina. Ho studiato danza per molti anni. Poi volevo fare la maestra d'asilo, e poi, non chiedermi perché, volevo fare la scienziata nucleare. Invece a quattordici anni ho iniziato a recitare e la vita è andata così».
Come hai vissuto la tua straordinaria bellezza da ragazza?
«Io non ne ho mai avuto coscienza. Ero molto timida. Non nego di avere un po' patito tutte le attenzioni maschili ma non capivo bene. Se avessi avuto più coscienza della mia bellezza l'avrei vissuta meglio».
Perché pativi le attenzioni?
«Ho una sensazione ma non so se è vera: mi sentivo penalizzata dal mio essere così bella. Forse perché non ero in grado di dare agli altri ciò che volevano da me».
Spiegami meglio.
«Ho sempre avvertito negli altri come una voglia di affondarmi».
Perché affondarti?
«Una sensazione strana, soprattutto con gli uomini. Quella di dover lottare per essere apprezzata per quello che ero. Si fermavano troppo all'apparenza».
Cosa ha significato diventare madre a diciotto anni?
«A me ha fatto solo bene. Proprio perché quando una ragazza giovane è considerata così tanto bella, il fatto di avere una bambina che mi aspettava a casa e che ho scelto di avere, era per me un punto fermo, una priorità. La mia radice in un mondo insidioso».
Ti ha responsabilizzata?
«Sicuramente si, nonostante abbia di sicuro fatto un sacco di cazzate. Ero giovanissima. Però avere Naike così presto mi ha tenuta con i piedi per terra. Mi ha tenuta sana. Oggi avere un figlio fuori dal matrimonio è semplice. Ai miei tempi era una cosa che mi faceva schifo. È stato faticoso».
Hai perso il padre da ragazzina.
«È morto quando avevo 11 anni. Nel cammino della mia vita mi sono accorta che mi mancava questa presenza. Non ho avuto nonni, dunque non ho avuto la possibilità di conoscere bene il mondo maschile. L'ho imparato col tempo. Forse ricercando anche da qualche parte quella protezione che non ho avuto, mitizzando questa figura che non ho avuto. E questo è un doppio errore».
Quale è il tuo rapporto con i social?
«Sentirmi definire da un like mi offende, mi umilia e mi frustra.
Siamo proiettati a fare solo cose per piacere agli altri. Fingere di stare nelle scarpe di un'altra persona per piacere agli altri è aberrante. Perché poi torni a casa, ti spogli delle extension, delle ciglia, delle scarpe, e sei un'altra. Dobbiamo onorare ciò che siamo».
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