Lui si salva grazie alle figlie, lei resta al check-in e muore

Bruxelles, le storie delle vittime e il racconto di chi invece è sopravvissuto: "Ho pensato che stavo per morire"

Lui si salva grazie alle figlie, lei resta al check-in e muore

A distanza di un giorno dagli attentati di Bruxelles, procede lentamente l'identificazione delle vittime. E così iniziano ad emergere le storie di quelle persone, raccontate da chi invece ce l'ha fatta.

Tra queste c'è una mamma peruviana che attende di imbarcarsi insieme alle due gemelle e al marito che, per puro caso si allontanano per un istante. A pochi passi da lei, però, si farà esplodere uno dei kamikaze. Così Adelma Marina Tapie Ruiz, 36 anni, se n'è andata via. È una delle prime vittime identificate della carneficina di ieri all'aeroporto Zaventem. Così si è salvato il resto della sua famiglia, anche se una delle bimbe è stata raggiunta a un braccio dalle schegge. Sposata a un belga, Adelma lo aveva seguito a Bruxelles nove anni fa, con l’idea di mettere a frutto i suoi studi di cucina e avviare un giorno la sua attività. Assieme a lei, uno dei primi corpi di cui è stata ritrovata l'identità è quello di un israeliano, Yossef Haïm ben Haya Sarah Gittel, che, con un gruppo di ebrei Hassidim, avrebbe dovuto prendere lo stesso volo.

L'identificazione dei corpi procede lentamente. Dal racconto dei soccorritori e dei vigili del fuoco emerge che molti di questi sono ridotti a brandelli, spezzati, bruciati. Per identificarli è stato necessario ricomporli in obitorio. Le ambasciate aspettano notizie, perché in un aeroporto intercontinentale non c’è quasi nazionalità al mondo che possa essere sicuramente risparmiata. E anche nel metro di Bruxelles viaggiano quotidianamente i dipendenti dei grandi organismi internazionali della città. Ogni Paese cerca un suo cittadino tra i 250 feriti: tra questi risultano gli americani, di cui tre mormoni, un militare con la famiglia; poi ci sono otto francesi, tre dei quali sono ricoverati in condizioni gravi; oltre a un diplomatico sloveno e alcuni cittadini britannici. La foto di un giovane uomo riverso fra rivoli di sangue sul pavimento dell’aeroporto, fa sobbalzare a Jesi i dirigenti dell’Aurora Basket club che riconoscono il loro ex giocatore della stagione 2000-2001, Sebastien Bellin. Il cestista belga-brasiliano è stato catapultato per 20 metri, ha le gambe devastate, ma i chirurghi sperano di salvarle.

Non mancano neanche gli italiani che inizialmente si credeva fossero in pochi ma con il passare del tempo aumentano. Sui social network si moltiplicano le testimonianze di compatrioti sfiorati o scalfiti dagli attacchi, soprattutto alla stazione di Maelbeek, nel centro della città. Chiara Burla, 24 anni, originaria di Borgosesia, a Bruxelles da pochi giorni per un workshop di danza, si è vista scoppiare in viso la porta della metropolitana: "Ricordo l’esplosione, il buio, le urla" racconta all’Ansa. Tra i presenti c'era anche Michele Venetico, 21 anni, nato in Belgio da genitori sicialiani, lavora in aeroporto per la Swissport. Le schegge lo hanno raggiunto alla testa, ma superficialmente: "L’esplosione è stata tanto forte che ho visto volare via decine di bagagli e un passeggino. Mentre cercavamo di scappare, calpestavamo corpi a terra".

Marco Semenzato, padovano di 34 anni, da nove mesi consulente della commissione europea, era in metropolitana: lo zainetto con il computer sulle sue spalle si è disintegrato, forse facendogli da scudo, ma la vampata gli ha ustionato mani e volto: "Ho capito che era un attentato, non volevo crederci. Ho pensato che stavo per morire".

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