Con la scusa della madre da assitere, perché ormai anziana, aveva chiesto e ottenuto dei permessi dal lavoro per starle accanto. Ma il tempo sottratto al lavoro, non gli era comunque servito a stare vicino alla donna, che infatti non vedeva da anni. Così, secondo quanto riportato da Leggo, un maresciallo della Marina Militare è stato condannato a svolgere servizi sociali, per aver fruito di permessi retribuiti per assistere uno dei genitori pur non avendolo fatto.
La segnalazione della madre
Secondo quanto ricostruito dal quotidiano, sarebbe stata proprio la madre dell'uomo, una donna di 80 anni, nel settembre del 2018, a segnalare il figlio al comando militare perché gli venissero revocate le agevolazioni di cui avrebbe potuto godere se le fosse stato vicino realmente nei momenti di difficoltà. In caso l'uomo avesse davvero assistito la madre, infatti, avrebbe potuto avvalersi della legge n.104/1992, che prevede permessi retribuiti finalizzati, appunto, all'assistenza di un parente con un disabilità in situazione di gravità.
La denuncia per truffa
Così, la procura militare di Verona avrebbe deciso di denunciare per truffa il maresciallo capo della Marina Militare, imbarcato su Nave Libeccio di stanza a La Spezia. L'anziana madre dell'uomo, infatti, nella sua segnalazione, avrebbe lamentato il fatto che il figlio, da almeno un anno, non si presentava più da lei, né le prestava l'assistenza necessaria, nonostante la donna si trovasse in precarie condizioni di salute.
Le indagini
Le indagini, che sono state coordinate dal pubblico ministero Luca Sergio, avrebbero accertato che, effettivamente, l'uomo da anni chiedeva e disponeva dei permessi pagati previsti dalla legge (che, appunto, consente di assentarsi per tre giorni al mese per assistere un parente malato), ma che dal 2017, dalla madre 80enne non andava più, né le prestava alcun tipo di aiuto o assistenza richiesta.
L'ingiusto profitto
Secondo quanto ricostruito dalle indagini, l'uomo avrebbe usufruito illegalmente di 25 giorni di permesso, "procurandosi così un ingiusto profitto, corrispondente a 2.718,82 euro, con pari danno dell'amminsitrazione militare".
All'udienza preliminare, davanti al giudice per le indagini preliminari, presso il tribunale Militare di Verona, l'imputato avrebbe optato per il rito alternativo, chiedendo la "messa alla prova". Dovrà, perciò, svolgere gratuitamente un lavoro socialmente utile per cinque mesi, oltre a dover provvedere all'integrale risarcimento del danno all'amministrazione militare.
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