Quando poche settimane fa svelammo che la sorella della premier, Arianna Meloni, stava per essere indagata per traffico di influenze, fummo accusati di complottismo. A suonare la grancassa in tal senso furono i giornali da sempre attigui alle procure, in particolare il Domani di proprietà di Carlo De Benedetti. Bene, oggi si scopre - lo rivela il quotidiano La Verità - che proprio quel giornale ha veicolato materiale frutto di un vasto sistema di dossieraggio che funzionari infedeli dello Stato, un importante magistrato già a capo della Direzione antimafia e un ufficiale della Guardia di Finanza, avevano messo in atto nei confronti di esponenti del governo. Al punto che il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ha chiesto per loro l'arresto, provvedimento respinto dal Gip solo perché a suo giudizio i due non sarebbero più in grado di reiterare il reato. Oltre dieci tra ministri e sottosegretari sono stati spiati nel primo anno di governo, a caccia di magagne da passare a giornali amici e a procure interessate. Se a questo aggiungiamo che il governatore della Liguria Giovanni Toti, come da noi riportato ieri, è stato addirittura filmato e registrato per ventotto mesi consecutivi (senza peraltro scoprire alcunché di illecito, tanto è vero che l'accusa si basa non su fatti ma su un teorema), beh possiamo dire con ragionevole certezza che siamo una democrazia malata, infettata da un sistema giudiziario-mediatico che si muove nell'illegalità per sovvertire lo stato naturale delle cose. Come chiamare tutto questo? Il meccanismo non è poi così diverso da quello messo in campo a suo tempo dalla loggia P2 di Licio Gelli: militari, magistrati, servizi segreti e giornalisti che si muovono all'unisono contro il nemico di turno, in questo caso il governo Meloni. A dire queste cose, bene che ti vada, vieni fatto passare per matto, se invece ti va male diventi tu stesso oggetto di dossieraggio.
Non vogliamo passare per ingenui, sappiamo, come diceva Norberto Bobbio maestro della filosofia politica, che il potere è in sé opaco. Ma almeno chi nell'opacità ci sguazza - magistrati e giornalisti in primis - la smettano una buona volta di ergersi a maestri di virtù, la misura è davvero colma.
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