Il circolo virtuoso della legge

Macchè populismo giudiziario. È la forza della legge

Il circolo virtuoso della legge
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C'è da spiegare che è vero, il ddl Sicurezza aumenta effettivamente le pene e aggiunge dei nuovi reati almeno in una ventina di casi (su 38 articoli) e tuttavia la sua approvazione trova giustificazione a dispetto di ogni garantismo d'ufficio, e a dispetto, soprattutto, di un luogo comune assolutamente fondato: che di norma, nel mondo, a pene più severe non corrisponde un calo della criminalità, la tolleranza zero non fa diminuire i reati, non è un deterrente, e insomma, all'apparenza è una cosa che non serve, anche perché gli stessi reati erano già puniti in precedenza. In parte è vero. E c'è da spiegare, quindi, perché questo discusso ddl non si limiti a ingrassare solo un cosiddetto «populismo penale» e a mettere delle pezze solo comunicative all'accresciuta domanda di sicurezza dei cittadini.

Una prima spiegazione, nota agli studiosi, è che sì, spesso l'aumento delle pene non incide sul numero dei reati, ma questo vale perlopiù per i reati particolarmente violenti: non vale per la media o la micro-criminalità, che è il problema maggiormente percepito di questo Paese. In Italia non abbiamo un problema complessivo di omicidi: ne abbiamo meno di ogni altro paese d'Europa (a parte Svizzera e Norvegia) e nel 1990 erano 3.012, nel 2023, per dire, sono stati 315. Chi pianifica un omicidio, o comunque lo commette, non è condizionato dalla lettura di libri o di giornali, tantomeno dal nuovo ddl sulla sicurezza. E non vale solo per gli omicidi, vale per altri reati (gravi) compiuti anche per scarsa contezza della loro gravità: che sia per una mera ignoranza nozionistica o sia per una ignoranza culturale legata alle origini extra-occidentali di chi delinque. Spesso, e vale in Brasile come negli Usa o in Europa, chi commette un grave crimine è convinto che non lo beccheranno: è convinto di questo, non che gli daranno pochi anni di carcere. Da qui il grande equivoco sulla cosiddetta «certezza della pena», concetto tutt'altro che «securitario» o forcaiolo bensì rigorosamente garantista: secondo il quale, per ridurre il numero di reati, servono pene giuste ma soprattutto certe. Confondere la certezza della pena con la certezza del carcere (vendicativo, incostituzionale, quello che dice «è poco» di ogni condanna) è un errore che è politicamente distribuito a destra come a sinistra (Mani pulite docet) e soprattutto che è contrario non solo alla formazione giuridica dell'attuale Guardasigilli Carlo Nordio, ma anche alla precedente «riforma Cartabia» sulle misure alternative al carcere.

Poi va ammesso, sì, che c'è anche un piano meramente «comunicativo» nel ddl sicurezza e dintorni, e serve a informare chi letteralmente non sapeva (neanche prima) quanto sia grave e proibito occupare abusivamente una casa o uno spazio, bloccare le strade, trafficare in migranti, picchiare un familiare ma anche un poliziotto o un agente penitenziario, un medico o un infermiere, un insegnante, e ancora non mandare a scuola i figli, comprare merce rubata, incendiare un bosco, imbrattare muri e monumenti, molto, moltissimo altro che in virtù di leggi imperfette e di un potere giudiziario impigrito si è corso il rischio di pensare, nel tempo, che corrispondesse a comportamenti proibiti «ma non tanto». Rassegnazione e accidia, tuttavia, non appartengono solo al qualunquismo del cittadino sconsolato, secondo il quale «tanto domani li rimettono fuori»: come se i magistrati e le forze dell'ordine fossero complici delle leggi rispettate «non tanto»; certa arrendevolezza e certa indolenza rischiano di contagiare anche magistrati e forze dell'ordine, appunto, quando non opportunamente rispettati come servitori dello Stato e, in secondo luogo, quando i reati che perseguono siano fuori dal fuoco dei legislatori o dal fuoco di paglia dei mass-media.

Non sarà virtuoso, ma è un circolo che talvolta va ripristinato: in attesa che nuove leggi imperfette facciano la loro parte. Questo, come si dice, è l'abc, è il problema, che non è mai «un altro», come invece recitano in eterno le opposizioni.

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