Che sapore ha la libertà, pur se relativa, ma riconquistata dopo altri tre mesi di privazioni? I cinque sensi dei lombardi per i Dpcm sono già stati lungamente messi a dura prova, ma prima del gusto c'è da prendere confidenza con la vista del «giallo». Uno sfondo tutto sommato inedito, a queste latitudini. Perché, fatta eccezione per due settimane scarse (e con il senno di poi, incomprensibili) prima e dopo le festività natalizie, i cittadini della regione guidata da Attilio Fontana la tinta che corrisponde alla fascia di «rischio moderato» finora l'hanno sperimentata ben poco.
Basta riavvolgere il calendario delle nostre prigioni ai tempi del Covid. Negli 87 giorni a partire dal 6 novembre, cioè da quando la vita durante una pandemia è stata regolamentata con un algoritmo appena più evoluto di un semaforo, la Lombardia ha passato 40 giorni nella gabbia della zona rossa più altri 34 nel limbo di quella arancione. E per giunta in un caleidoscopio di colorazioni cangianti, degno di uno show psichedelico che ha mandato in confusione un po' tutti, politici compresi. Al netto del rimpallo di responsabilità sui dati errati che hanno generato l'indegno susseguirsi di «apri e chiudi», i milanesi o i bergamaschi non hanno fatto in tempo a gioire sui social del «downgrade» che da domani, 1 febbraio, Capodanno a scoppio ritardato post seconda ondata, si troveranno davanti più dubbi che certezze.
Ora possono spostarsi all'interno della regione - dalle 5 alle 22 - lasciando finalmente l'autocertificazione nel cassetto; «è consentito» andare a trovare amici e parenti in casa, una volta al giorno in compagnia di un'altra persona al massimo, e perfino fare un salto al centro commerciale, purché non nel weekend. Ma, soprattutto, possono riaffacciarsi in un bar per un caffè o una pausa pranzo, senza che venga giudicata come la più pruriginosa delle trasgressioni. Tutto così straordinariamente normale da non sembrare vero.
Peccato che migliaia di locali rimarranno con la saracinesca abbassata, perché ancora una volta non è stato dato ai titolari il tempo per organizzare la ripresa delle attività. Peccato che a mangiare fuori in tanti non ci torneranno comunque, sfiduciati al pensiero che l'allentamento delle misure non durerà nemmeno stavolta.
In fin dei conti, quando la libertà è ottriata è soltanto un divieto con un meno davanti. A furia di imporci sacrifici, forse senza accorgercene, siamo finiti come le rane bollite.
A poco a poco hanno innalzato la temperatura del calderone in cui siamo immersi fino al collo: ad un passo dall'ebollizione (sociale), rosso arancione e giallo sono solo sfumature della fiamma che ci cuoce a fuoco lento.
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