Coop a rischio processo per la scalata ai Ligresti

A dieci anni dall'operazione che ha fatto fuori Salvatore Ligresti dalla grande finanza, con il passaggio delle assicurazioni Fondiaria-Sai al gruppo Unipol, i giochi potrebbero riaprirsi

Coop a rischio processo per la scalata ai Ligresti

A dieci anni dall'operazione che ha fatto fuori Salvatore Ligresti dalla grande finanza, con il passaggio delle assicurazioni Fondiaria-Sai al gruppo Unipol, i giochi potrebbero riaprirsi, soprattutto per i 25mila piccoli soci che in quel passaggio hanno perso quasi tutto: domani al tribunale di Milano è in calendario un incidente probatorio da cui dipende il rinvio a giudizio dei vertici di Unipol. In ballo c'è qualcosa intorno ai 3,5 miliardi di euro: a tanto ammonterebbe, secondo stime e perizie, la differenza di valore assegnata a Unipol a scapito di Fonsai.

L'immobiliarista e finanziere di Paternò, che dagli anni Sessanta aveva conquistato Milano, la Borsa e la fiducia del patron di Mediobanca Enrico Cuccia, oggi non c'è più: malato da tempo è scomparso nel 2018 a 86 anni. Ma i tre figli Giulia, Jonella e Paolo aspettano una sua riabilitazione dai guai giudiziari degli ultimi anni di vita, oltre che una rivalsa finanziaria, convinti di aver subito una «rapina», avvenuta attraverso una sottovalutazione della loro compagnia a favore di Unipol, a sua volta ipervalutata. Il che, se dimostrato, varrà anche per gli altri soci Fonsai, che rappresentavano ben l'80% del capitale.

Le vicende, finanziaria e giudiziaria, sono assai complesse e durano da un decennio. Tanto che domani si riparte dopo due anni di letargo. Prima, però, serve fare un passo indietro: a fine 2011 il gruppo Fonsai, controllato dai Ligresti tramite Premafin, mostra segni di difficoltà: i rapporti di solvibilità - che misurano la capacità di una compagnia di far fronte al verificarsi degli eventi coperti dalle polizze - si deteriorano e scendono sotto livello di guardia 100. Serve un aumento di capitale. Mediobanca, che segue l'operazione anche per gli storici intrecci azionari con Ligresti e Fondiaria, quantifica prima in 600 milioni, poi in 1,1 miliardi la ricapitalizzazione: è una cifra enorme che costringerebbe i Ligresti a diluirsi fino quasi a zero. L'ad di Mediobanca Alberto Nagel trova un cavaliere bianco, il gruppo Unipol, controllato dalle coop, disposto a effettuare l'operazione di salvataggio, prendere il controllo, e poi procedere a una fusione per incorporazione in Fonsai (in realtà coinvolge anche Premafin, Unipol Assicurazioni e Milano).

E così - pur in estrema sintesi - andranno le cose nel corso del 2012. Ma secondo diversi documenti presentati dai Ligresti, questo avviene nonostante la situazione di Fonsai non fosse affatto fallimentare: il bilancio 2011 aveva sofferto problemi temporanei (era stato l'anno dell'impennata dello spread fino a 600 punti), ma la qualità degli attivi era buona e già pochi mesi dopo i rapporti di solvibilità erano rientrati e non giustificavano un aumento di quelle dimensioni. Viceversa, era Unipol Assicurazioni a mostrare segnali preoccupanti: la mole di prodotti finanziari strutturati in portafoglio e l'indice «solvency», anch'esso sotto i 100, avevano condotto pure la compagnia delle coop a chiedere capitale fresco. In altri termini, a necessitare il salvataggio, tramite fusione con Fonsai, sarebbe stata Unipol, e non viceversa. Tuttavia il progetto «UnipolSai» non cambia più. Il clima è peraltro favorevole: c'è una dinastia finanziaria, quella dei Ligresti, finita in disgrazia e divenuta politicamente scomoda (sono gli stessi anni della fine del governo Berlusconi, della legge Severino e poi della sua condanna); mentre dall'altra parte ci sono le coop rosse di Unipol alla costante ricerca di un posto al sole dei poteri forti. La macchina è ormai partita e si procede con la fase uno dell'operazione. Mentre la fase due, cioè la fusione, avviene successivamente, quando il controllo di tutti i cda delle società coinvolte è preso da Unipol e si procede a fissare il valore di Fonsai e i concambi azionari.

Qui si innestano le vicende penali: da un lato i Ligresti vengono accusati di aver falsificato i bilanci Fonsai per nascondere la reale situazione; dall'altra si indaga su Unipol per il sospetto che quei concambi avessero favorito i suoi azionisti (le cooperative) ipervalutando la società a scapito dei soci Fonsai (Ligresti e il mercato), i cui attivi sarebbero stati al contrario sottostimati. In una fusione tutto dipende dai concambi: se, per dire, uno vale uno, gli azionisti dell'una e dell'altra parte manterranno un peso esattamente proporzionale nella nuova entità. Ma se invece si stabilisce che la prima vale poco niente, i suoi azionisti avranno poco o niente anche della società che nasce dalla fusione. Ed è quello che è successo con Fonsai: da una quota di oltre il 35%, la famiglia Ligresti si è trovata tra le mani uno «zero virgola» della società post fusione.

Nel primo filone penale, per falso in bilancio, in primo grado Salvatore e Jonella sono stati condannati a Torino e Giulia ha patteggiato. Ma il processo è stato poi annullato perché doveva svolgersi a Milano. Qui Paolo era già stato assolto; per Jonella il pm ha chiesto e ottenuto l'assoluzione (pochi giorni fa); e per Giulia la revisione e l'annullamento del patteggiamento. Tutto ribaltato. Per il papà Salvatore, scomparso nel frattempo, rimane per ora il limbo di una condanna emessa da un tribunale (Torino) che non era competente.

Il secondo filone penale è invece ancora aperto: anche qui una storia strana, con due inchieste per aggiotaggio aperte contemporaneamente a Milano e Torino, la Cassazione che indica il foro piemontese e poi cambia idea: nel luglio 2018 i pm torinesi, dopo 4 anni, arrivano alla chiusura indagine per sette indagati: l'ad di Unipol Carlo Cimbri e il presidente Pierluigi Stefanini insieme con altri manager del gruppo e della Consob. L'ipotesi è proprio quella che nella fusione tra Unipol e Fonsai il valore dei concambi sia stato falsato a favore di Unipol, il che implicherebbe il rinvio a giudizio. Ma il sostituto procuratore generale della Cassazione, nel novembre dello stesso anno, ha stabilito che la competenza territoriale era di Milano, dove gli atti sono quindi stati di nuovo trasferiti.

Passano altri due anni e arriviamo all'incidente probatorio di domani. L'udienza, davanti al Gip Anna Calabi, serve ai pm milanesi Stefano Civardi e Roberto Fontana, che hanno ricevuto l'indagine già chiusa dai colleghi di Torino, per «cristallizare la prova» che sta alla base del possibile rinvio a giudizio. Tutto gira intorno al valore dei concambi e quindi alla perizia di 600 pagine effettuata per controllarne la correttezza, che la procura di Torino aveva affidato ai professionisti Enrico Stasi e Flavio Dezzani. Il lavoro esamina i 4 diversi modelli applicati dai vari advisor e si sofferma sui punti più delicati, tra i quali ci sono 1,247 miliardi di minusvalenze su prodotti strutturati nel portafoglio di Unipol Assicurazioni (quelli su cui aveva lavorato Marcello Minenna, allora alla Consob), ma non conteggiati ai fini del concambio. In conclusione secondo la perizia, i concambi hanno sottostimato Fonsai e sopravvalutato Unipol attribuendo a questa circa un miliardo di azioni in più e i relativi dividendi distribuiti dal 2014, per oltre 1,2 miliardi. Il totale equivale e a un valore di circa 3,5 miliardi.

Nell'udienza di domani i pm milanesi hanno affidato la loro parte allo stesso Stasi, che si confronterà con Enrico Laghi, il perito scelto dall'avvocato di Unipol Paola Severino, e con Pietro Manzonetto, indicato dal Gip. L'incidente probatorio mira a far luce sulla valutazione e sul metodo.

Va da sé che la posta in palio è importante: in caso di rinvio a giudizio, nel processo penale i Ligresti chiederanno di costituirsi parte civile, con l'intento di chiedere poi un risarcimento per il danno eventualmente determinato. Il che vale anche per il resto dei soci Fonsai. Difficile che questo cambi il corso degli eventi, né gli attuali equilibri finanziari. Ma la verità storica forse sì.

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