Coronavirus, il mistero dei "pazienti zero" in Lombardia e Veneto

L’individuazione dei cosiddetti "pazienti zero" è fondamentale per arginare i focolai di coronavirus. Se i casi del Lodigiano sono collegati tra loro, mistero sui contagi a Milano e nel Veneto

Coronavirus, il mistero dei "pazienti zero" in Lombardia e Veneto

Aumentano in Italia le persone contagiate dal coronavirus. L’ultimo caso accertato è quello di un ragazzo di 17 anni residente a Valdidentro in Valtellina, ma studente all'Istituto agrario di Codogno, risultato positivo al test. Ieri si è svegliato con febbre a 40 gradi: ciò ha indotto i genitori a chiamare il 112 che ha attuato i protocolli d'intervento. Già ieri sono state individuate le persone con cui il 17enne aveva avuto contatti, tra cui alcuni studenti valtellinesi della stessa scuola.

La situazione nella Regione è seria anche perché nel tardo pomeriggio di ieri sono crollate alcune certezze acquisite tra venerdì e sabato mattina su cui si stava lavorando e che avrebbero potuto aiutare a fermare l’epidemia. Il punto che inquieta chi sta combattendo sul campo per fermare l’avanzata del coronavirus è che è ancora avvolto nel mistero il cosiddetto "paziente zero". Individuarlo è fondamentale per arginare i focolai.

Fino al pomeriggio di ieri, l’espansione del coronavirus in Lombardia è avvenuto con una velocità di diffusione che ha sorpreso gli esperti ma che era limitata a un raggio di 30 chilometri intorno a Codogno, comune del Lodigiano, e al suo ospedale dove è ricoverato in gravi condizioni un 38enne. Su quest’ultimo, chiamato "paziente uno", si è concentrata l’attività sanitaria per risalire alla rete di contatti dell’uomo nell’ultimo periodo.

Il paziente, da quanto ricostruito, era andato a cena con l’amico di ritorno da Shanghai il primo febbraio, si era recato al pub di Casalpusterlengo il 4, si è fatto visitare dal medico di famiglia il 17 ed è andato al pronto soccorso per ben due volte il 18 e il 19 a causa del sue precarie condizioni di salute. Il grande e difficile lavoro svolto dagli "investigatori sanitari" sembrava aver dato i suoi frutti. E anche i risultati parevano suffragare questa pista. Tutte le persone contagiate dal coronavirus sono in qualche modo collegate con il 38enne. Nella serietà della situazione, di certo si trattava relativamente di una buona notizia. Perché individuata la fonte è più facile intervenire.

Ma nel tardo pomeriggio lo scenario cambia. E in peggio. Un uomo di Sesto San Giovanni ricoverato al San Raffaele è risultato positivo al test per il coronavirus. Una notizia davvero pessima perché, almeno al momento, non si trova alcun collegamento con i casi del Lodigiano. Il soggetto da chi è stato contagiato? Come? E dove? La catena si è interrotta. E così riparte la caccia al “paziente zero”.

Il sabato da incubo peggiora ulteriormente quando, quasi in contemporanea, dall’Iss spengono la speranza di avere individuato il "paziente zero". Il 41 enne di ritorno da Shanghai, secondo le analisi dell’Istituto superiore di sanità, non ha anticorpi che possa lasciare pensare che l’uomo abbia contratto il virus anche senza nessuna manifestazione influenzale. In serata, poi, il quadro si aggrava quando si registra un contagio a Mediglia, alle porte sud di Milano. In questo caso il paziente è un 71enne i cui contatti sono ancora tutti da ricostruire.

Problemi analoghi anche in Veneto dove, al momento, si registrano 17 casi. Qui si sta lavorando per ricostruire la catena dei contagi intorno ad Adriano Trevisan, il 78enne di Mira, primo morto italiano da coronavirus. I dubbi sono tanti.

Il 9 febbraio l’anziano guarda il derby Inter-Milan alla Nuova locanda al sole di Vo’ Euganeo insieme con 8 cinesi, due rientrati di recente dalla Cina e tutti ora sottoposti al test del tampone. Il problema riguarda soprattutto il 68enne di Mira, ora in rianimazione: l’uomo forse non ha avuto contatti con i cinesi e non è mai stato a Vo’ Euganeo. E allora, chi è il “paziente zero” in Veneto?

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