"Immunità dal Covid fino a 12 mesi". Iniziano i test sul farmaco

Sperimentazione a opera degli scienziati britannici. La terapia anti-Covid garantirebbe un'immunità da 6 a 12 mesi

"Immunità dal Covid fino a 12 mesi". Iniziano i test sul farmaco

Non solo vaccini. Per sconfiggere definitivamente Covid-19, nemico invisibile ma pericolosissimo che ha sconvolto il mondo, si starebbe percorrendo anche un’altra strada. Secondo quanto riporta il Guardian, scienziati britannici hanno avviato i test su un farmaco che sarebbe in grado di garantire una immunità immediata. In pratica uno scudo invalicabile che consente ad un soggetto esposto al coronavirus di non sviluppare la malattia.

La terapia è basata sugli anticorpi monoclonali e potrebbe garantire un'immunità da 6 a 12 mesi. In modo ipotetico il farmaco, sviluppato da UCLH e AstraZeneca, potrebbe essere somministrato come trattamento di emergenza a gruppi a rischio, come pazienti ricoverati in ospedale o ospiti di case di riposo e cura. Come spiega il Corriere della Sera lo studio pare sia in fase avanzata. Si ipotizza che, a meno di imprevisti, il farmaco possa essere disponibile per la primavera se venisse approvato al termine dei trials che riguardano una rete di 100 siti in tutto il mondo. "Se riuscissimo a dimostrare che questo trattamento funziona e può evitare che le persone esposte al virus arrivino a sviluppare il Covid-19, si aggiungerebbe un ulteriore elemento all'arsenale di armi che viene sviluppato per combattere questo terribile virus", ha affermato Catherine Houlihan, virologa presso l'University College London Hospitals NHS Trust (Uclh).

Oltre a quello già citato di AstraZeneca, al momento ci sarebbero anche altri 4 farmaci promettenti. Tra questi vi è quello di Regeneron (Regn-Cov2) già somministrato al presidente degli Stati Uniti Donald Trump e costruito con un cocktail di 2 anticorpi monoclonali. Inoltre nella lista figura il farmaco di Ely Lilly, di Monoclonal Antibody Discovery Lab di Fondazione Toscana Life Sciences (Siena) e, infine, della Prometheus di Karlik Chandran (Albert Einstein College of Medicine di New York).

I risultati della ricerca fanno ben sperare ma vi è un altro ostacolo da superare: quello dei costi, che sono decisamente alti.

Ma nulla si può escludere. Forse con un avanzamento degli studi si potrebbe trovare il modo per ridurre le spese con conseguente possibile maggiore diffusione a livello mondiale, ovviamente dopo l'approvazione degli organi competenti.

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