"Così ho gettato nel Tevere le statue indios di Papa Francesco"

La confessione del 26enne austriaco Alexander Tschugguel in un video pubblicato sul sito del blog tradizionalista Corrispondenza Romana: "Quelle statue violavano i dettami della nostra religione"

"Così ho gettato nel Tevere le statue indios di Papa Francesco"

Si chiama Alexander Tschugguel, ha 26 anni e l’aria del bravo ragazzo. È lui a confessarsi davanti ad una telecamera per rivendicare, quasi fosse un terrorista, di aver gettato nel Tevere le statuette indigene poste nella chiesa di Santa Maria in Traspontina in occasione del Sinodo sull’Amazzonia che si è concluso qualche giorno fa. Un gesto per il quale ha chiesto perdono lo stesso Papa Francesco, in qualità di vescovo di Roma.

Per Alexander e i suoi amici, tutti provenienti dall’Austria, quelle statue di “idoli pagani” messe in bella mostra all’interno di una chiesa cattolica contravvengono al primo comandamento: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Per questo i ragazzi si sono recati nella parrocchia di via della Conciliazione di buon mattino per appropriarsene. Una volta prese le cinque sculture dall’altare laterale dove erano state collocate Alexander e i suoi complici le hanno gettate da ponte Sant’Angelo. Il resto è cronaca.

Le raffigurazioni della Pachamama, una divinità raffigurante la madre terra, sono state recuperate dopo qualche giorno dai carabinieri e restituite ai legittimi proprietari senza riportare danni. Ma l’operazione, per Tschugguel, è stata comunque un successo. “Volevamo che la notizia avesse l'eco che ha avuto”, ha detto al quotidiano Il Tempo, chiarendo di averci messo la faccia contro ogni accusa di codardia. Il movente del gesto, precisa, è stato quello di vedere “rispettare i dettami della nostra religione”. Per il prefetto del dicastero vaticano per la Comunicazione, Paolo Ruffini, però, la bravata sarebbe stata “priva di senso” e in “contraddizione con lo spirito di dialogo che dovrebbe sempre animare tutti”. Il Vaticano respinge, insomma, ogni accusa di idolatria. Erano delle semplici statuette, hanno chiarito dai sacri palazzi, di proprietà di un gruppo cattolico sudamericano che partecipava al Sinodo.

Eppure, senza arrivare al gesto estremo di Tschugguel, sono molti i cattolici, e non solo quelli più ortodossi, che hanno espresso perplessità sullo svolgimento dell’assemblea dei vescovi con al centro il tema dell’ecologia e dell’evangelizzazione dell’Amazzonia. A far discutere sono stati i riti sciamanici ospitati nei giardini vaticani e considerati dai padri sinodali parte del sentimento religioso dei cattolici locali.

Ma soprattutto la decisione di concedere agli indigeni sposati la possibilità di diventare sacerdoti, per supplire alla penuria di vocazioni. Tanto da spingere il professor Roberto De Mattei, che guida un gruppo di cattolici tradizionalisti, ad assicurare che il gesto del ragazzo austriaco e dei suoi amici “esprime il sensus fidei di milioni di cattolici”.

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