Covid, dopo quanto torna l'olfatto? Cosa dice la scienza

Scoperti due geni che sarebbero alla base della perdita di olfatto durante l'infezione da Covid-19: ecco cosa dice la ricerca e quali sono i tempi di recupero

Covid, dopo quanto torna l'olfatto? Cosa dice la scienza

Sono i sintomi più comuni quando si tratta di Covid, i primi "campanelli" d'allarme della presenza del virus: la perdita di olfatto e gusto che non fanno più riconoscere odori e sapori. Nel primo caso, però, una spiegazione dalla scienza adesso c'è ed è di natura genetica.

Cosa dice la ricerca

Infatti, una ricerca dell’Albert Einstein College of Medicine di New York in collaborazione con l’azienda '23andMe', ha permesso di identificare il meccanismo alla base di questo fenomeno. Lo studio ha coinvolto 70mila pazienti positivi al Sars-Cov-2 identificando in due geni la causa della perdita dell’olfatto: la loro sequenza sarebbe quella che riguarda UGT2A1 e UGT2A2, ai quali si associa un aumento dell'11% delle possibilità di perdere soprattutto l’olfatto dopo l'infezione da Covid-19. In realtà, questi due geni sarebbero collegati anche alla mancanza di gusto.

Cosa succede con l'olfatto

"UGT2A1 e UGT2A2 - si legge sul giornale specializzato Biomedicalcue, "forniscono delle informazioni fondamentali per la sintesi di molecole specifiche localizzate nel tessuto olfattivo coinvolte, da quello che emerge da alcuni studi su animali modello, nell’eliminazione degli odori che penetrando nella cavità nasale si legano ai propri recettori". Da qui, la perdita dell'olfatto sull'uomo sarebbe associata a un danno nel tessuto olfattivo, in praticolare nelle ciglia, ma non all'infezione dei neuroni olfattivi come era stato ipotizzato prima di questo studio. Il Covid, quindi, dopo aver infettato l'individuo, potrebbe "accumularsi" in alcune cellule utilizzate nel segnale odorizzante: questo accumulo impedisce la trasduzione, cioè il segnale, la normale capacità di svolgere il lavoro di una cellula, portando al suo deterioramento.

Chi colpisce maggiormente

Secondo la ricerca chi ha una maggiore sensibilità a olfatto e gusto può essere maggiormente predisposto a perdere uno o entrambi questi sensi se attaccati dal virus. Tra i pazienti analizzati è stato rilevato che le donne sono maggiormente colpite rispetto agli uomini, che i giovani sono predisposti a perdere l'olfatto più degli anziani e che la popolazione latina ed europea è più soggetta a questa problematica rispetto a tutte le altre.

Quali sono i tempi di recupero

Accanto a questa nuova scoperta, i ricercatori stessi hanno comunque sottolineato alcuni limiti dello studio che andranno affinati e migliorati in seguito sottolineando come "la perdita dell’olfatto o del gusto è stata combinata in un’unica domanda nel sondaggio proposto alla coorte di pazienti", dato che sottolinea come sia stato molto difficile effettuare una differenza tra i due sintomi.

Oltre al discorso legato alla genetica, alcuni lavori si sono invece soffermati sui tempi di recupero legati a olfatto e gusto: la ricerca, pubblicata sul Journal of the American Medical Association che ha coinvolto anche ricercatori delle Università di Padova e Trieste e dell’AULSS2 di Treviso, si è concentrato su 202 pazienti adulti, positivi e moderatamente sintomatici nel marzo scorso, e di cui 113 manifestavano perdita dell’olfatto (anosmia) e del gusto (ageusia).

Dopo circa un mese, il 90% di loro ha ricominciato a sentire odori e sapori. Soltanto una piccola minoranza (10%), ha mantenuto la perdita dell'olfatto anche oltre le 4 settimane: il motivo per cui questo meccanismo varia in questo modo è tutt'ora in fase di studio.

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