"Questa storia è costellata di falsi iniziati subito dopo il pestaggio e proseguiti in modo ossessivo dopo la morte di Cucchi". Sono dichiarazioni decisamente dure quelle del pubblico ministero Giovanni Musarò nel processo in assise a cinque carabinieri per il pestaggio di Stefano Cucchi, in particolare dopo gli ultimi sviluppi seguiti alle dichiarazioni rese dal carabiniere Francesco Di Sano.
Secondo il pm, da quanto è emerso e da quanto ottenuto dalla procura, "emerge la conferma inequivocabile che quanto riferito da Di Sano è vero e la modifica della relazione (quella effettuata dopo la morte di Cucchi, ndr) è stata di fatto l'esecuzione di un ordine veicolato dal comandante di stazione, che a sua volta aveva ricevuto ordine dal comandante di compagnia, che aveva ricevuto ordine dal gruppo".
"L'indagine dà uno spaccato di cosa accadeva in quei giorni in alcuni uffici romani e del clima che si respirava e aiuta a comprendere come sia stato possibile far sparire una annotazione sul caso e perché in nove anni nessuno ne abbia parlato", ha proseguito Musarò. "Questo si è tradotto nell'indirizzare in maniera scientifica le prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità, che sono finite a processo fino in Cassazione e oggi sono qui come parti civili perchè vittime di calunnie".
Parole durissime che ribadiscono la linea
investigativa percorsa dalla procura ma che confermano anche quanto rivelato dalle parole di Di Sano, che ha rotto il velo di falsità dietro la morte del ragazzo, avvenuta il 22 ottobre 2009 mentre era in custodia cautelare.
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