Due conti correnti alla banca Ubs di Ginevra. Sarebbero transitati da lì, secondo gli inquirenti, i soldi frutto di tangenti che il deputato pd Marco Di Stefano avrebbe preso da alcuni costruttori di Roma quando ancora era assessore al Demanio e Patrimonio della Regione Lazio (dal 2008 al 2009). Il denaro gli sarebbe stato consegnato dagli imprenditori Antonio e Daniele Pulcini, nascosto in alcune valigette. Entro un mese il fascicolo della procura di Roma potrebbe essere chiuso con la richiesta di rinvio a giudizio. Di Stefano, 50 anni, un passato da poliziotto e da giocatore di pallanuoto per le Fiamme oro (gruppo sportivo della Polizia), è stato consigliere comunale a Roma dal 1995 al 2005, poi due volte assessore nella Regione Lazio, prima all'Istruzione e poi al Demanio. Democratico, prima di aderire al Pd ha militato in altri partiti: Ccd, Udc, Lista Marrazzo e Udeur.
Secondo gli inquirenti a portare i soldi frutto delle tangenti in Svizzera sarebbe stato lui stesso. E, particolare sorprendente, il parlamentare, ex poliziotto, si sarebbe fatto "scortare" dai suoi amici in divisa. Per evitare controlli? Si indaga anche su questo per smascherare eventuali responsabilità. Di Stefano si difende negando ogni addebito: giura di non aver mai preso un euro illecitamente.
L'accusa a Di Stefano: da assessore della giunta Marrazzo, avrebbe intascato una mazzetta da 1,8 milioni di euro. Antonio e Daniele Pulcini, finiti ai domiciliari per abuso d’ufficio e turbativa d’asta, proprio grazie a Di Stefano avrebbero realizzato una plusvalenza milionaria su un palazzo affittato alla Regione e poi venduto all’Enpam, la cassa previdenziale dei medici.
La procura indaga anche per cercare di stabilire se alcuni passaggi di denaro a favore di Di Stefano siano avvenuti, o meno, in concomitanza con il suo ingresso in parlamento. Qualche mese prima Di Stefano aveva preso parte alle primarie per ottenere la candidatura ma era risultato primo dei non eletti. Al telefono aveva minacciato fuoco e fiamme, prendendosela prima di tutto con Zingaretti (presidente della Regione Lazio, ndr), dicendo di essere pronto a "far scoppiare la guerra nucleare a cominciare da Zingaretti", accusando "i maiali che mi hanno fatto fare le primarie con gli imbrogli".
Maliziosamente qualcuno osserva: tanta rabbia gli è valsa la candidatura e l'ingresso a Montecitorio al posto di Marta Leonori, diventata assessore di Marino al Comune di Roma.
Di Stefano però non si ferma mai e si schiera in prima fila con Renzi, prendendo parte all'ultima Leopolda, la kermesse fiorentina del premier, in cui coordinae un tavolo sui pagamenti elettronici.
"Querelo la mia ex moglie per stalking"
Ma i guai per il deputato non si limitano ai conti svizzeri. In una nota Di Stefano dice di voler querelare la sua ex moglie. "Dopo aver letto sui quotidiani le ultime folli dichiarazioni, in merito a festini hard e alla scomparsa di Alfredo Guagnelli (sparito dall'ottobre 2009, ndr), da parte della mia ex moglie, di cui sono ormai da sette anni vittima di un violento e continuo stalking, non posso esimermi di dare mandato ai miei legali di querelarla per calunnia, diffamazione e falsa testimonianza se quanto scritto sui giornali corrispondesse ai verbali dell’interrogatorio da lei sostenuto".
E prosegue: "In questi anni ho cercato sempre di sopportare le continue provocazioni di questa donna cercando di tenere i toni più bassi possibili, nonostante mi giungessero in continuazione voci sulle folli bugie che raccontava in giro per la città sul mio conto, a tutela della serenità di mio figlio". Non ne può più di queste accuse: "Ora però si è oltrepassato il limite della ragione e della decenza con dichiarazioni prive di qualsiasi fondamento da parte di una donna che non frequento più da sette anni".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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