
Dello sciopero dei magistrati, gli italiani non se ne sono nemmeno accorti, e io tra loro. Preoccupano molto di più gli scioperi dei treni e dei tram. Non riesco a rigirarmi, come credo quasi tutti, tra separazione delle carriere e doppio Csm. Ho cercato di acculturarmi in materia. C'è al riguardo un dotto articolo sulla prima pagina della Stampa di ieri che porta l'autorevole firma di Vladimiro Zagrebelsky, del quale non cito i ruoli apicali svolti in magistratura perché non basterebbe questo modesto articolo per specificarli. Li sintetizzo così: tutti! Ha indossato ogni alto pennacchio in circolazione. Per cui devotamente riferisco il titolo dell'editoriale: Riforme. Separare le carriere non cambia la giustizia. Allora: se non cambia nulla, perché scioperarci contro? Zagrebelsky si commuove: infatti scioperano per una motivazione puramente di principio, senza alcuna ragione di interesse personale.
Che dire? Chapeau. Mi permetto di rilevare a proposito di princìpi e di interesse personale la gigantesca truffa in corso. I magistrati sono esenti dagli obblighi di una legge di natura, che viene prima dei nostri codici, era presente in quello di Hammurabi, e nella Bibbia si chiama occhio per occhio, dente per dente, che tradotto proverbialmente si dice: chi rompe, paga. Loro no.
Che i giudici tolgano la libertà ci sta, fa parte del mestiere. Così il chirurgo deve talvolta togliere un rene, che è un pezzo di vita. Dov'è la differenza tra i due? Se il medico usa il bisturi sull'organo sbagliato, deve risponderne civilmente con fior di quattrini e talvolta penalmente, i giornali inzuppano il biscotto nell'indignazione e la reputazione del camice bianco è finita, gli conviene fare il missionario in Africa. Se invece un magistrato consegna un innocente alla prigione confondendolo con un altro, quanto a soldi non ci rimette un euro, e quanto a carriera ci sono casi in cui fa un balzo in alto.
L'errore è caratteristico dell'essere umano, replicarlo è però diabolico. E la sanzione è un bel deterrente a ripeterlo. Pertanto il privilegio accordato alla casta è un incentivo criminogeno all'uso allegro delle manette. Oltretutto contraddice l'articolo 3 della Costituzione che esige l'uguaglianza tra i cittadini. Mi stupisco che la Consulta, composta da quindici sommi giudici, non rimedi a questa iniquità da Fattoria degli animali orwelliana. Ah già, sono giudici pure loro Resta il fatto che questa prerogativa divina genera negli italiani un sentimento di scarsa simpatia verso le toghe: una mescolanza di paura, di sfiducia e di incazzatura.
Perché la magistratura è trattata dalla nostra legislazione quasi fosse una divinità intoccabile? Il compito di sollevare la questione tocca alla libera stampa, che chieda alla politica un po' di coraggio. Finora, quando si è fatto presente il doppio standard tra cittadini e magistrati, costoro si infuriano, sostengono che l'idea di dover risarcire i danni li renderebbe meno indipendenti, perché la paura di sganciare denaro e rimetterci in buona fama, li spingerebbe ad assecondare il vento dell'opinione pubblica e il lassismo. Sono scuse pietose. I medici si trovano davanti a scelte persino più gravi, di vita e di morte, e la paura essi sanno bene che è un espediente della mente e del cuore (i due organi sono più vicini fin quasi a toccarsi in chi ha passione) per generare adrenalina, aumentare l'attenzione, dare tutto. E la paura non è tanto per la rovina economica, ma perché vivono per aiutare a vivere. Non si perdonano l'errore. Per questo se ne assumono il peso oltre misura, pagando premi assicurativi che gli mangiano mezzo stipendio. Allo stesso modo gli ingegneri che progettano ponti. E i giornalisti che rivelano uno scandalo. A queste categorie di persone - ma vale per gli artigiani, i commercialisti, eccetera - vengono svuotate le tasche se errano causando danni al prossimo. Talvolta, com'è capitato ad esempio ad Alessandro Sallusti, vengono anche condannati al carcere. I magistrati? Dormono nella bambagia.
Qualcuno in realtà paga per gli errori di pm e giudici, ed è lo Stato, cioè noi. Non mi pronuncio sulla separazione delle carriere, e sul conseguente sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura. Sono portato a fidarmi di Nordio, ma non mi permetto di disquisire sul merito. Gli italiani francamente non hanno neanche tanta voglia di capire in che cosa consista questa separazione e questo sdoppiamento. La cosa che più li indispettisce è il privilegio volgare, volgarissimo dell'impunità.
Questa assurda regalia fornita ai magistrati era stata abrogata con un referendum nel 1987 sull'onda del caso Tortora. Nel 1988 i risultati del referendum furono vanificati dalla legge Vassalli che, con la scusa di regolare la materia, ripristinò a uso delle toghe una sorta di licenza di uccidere a portafogli salvo. Che era successo? La classe politica, preavvertita di vendette in arrivo a marce forzate dai Palazzi di Giustizia, cedette, truffò gli italiani, e cadde. Le vendette infatti ci furono lo stesso, come appresero le buonanime di Craxi e Berlusconi.
Proposta: quella che fece capolino con il referendum del 1987 è la riforma che il centrodestra deve rimettere in cantiere. Il 90 per cento degli italiani sarebbe d'accordo.
Ho citato il caso di medici, ingegneri e giornalisti. Non dimentico i carabinieri che inseguono chi forza i posti di blocco per difendere me e te, rischiano la galera come quelli del Corvetto, e potranno essere obbligati al risarcimento dei danni da quegli stessi giudici che divinamente stanno sopra la giustizia umana. Tiriamoli giù da quel trono. Sono pronto a scioperare contro di loro.
Troviamo il modo, ad esempio con una obiezione di coscienza di massa, smettendola di pagare il quattro o cinque per cento delle tasse, che è la quota che finisce a una giustizia che pretende di essere divina e talvolta è solo scroccona.
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