Quando tace la ragione, la follia, la violenza e la discriminazione prendono il sopravvento, ed ecco il degrado culturale alimentato, forse, anche dal “politicamente corretto”.
Avverto come necessario provare a dare ai nostri giovani una lettura costruttiva degli accadimenti; ecco perché vogliamo riflettere sull’episodio riguardante la giovane giornalista Greta, infastidita in diretta, e il direttore Giorgio, capro espiatorio per esorcizzare la nostra mediocrità al capitolo “rispetto reciproco”, nel caso presente della donna.
1. È evidente che siamo di fronte all’ennesimo caso di tribunale mediatico, dei media di schieramento o di opportunità, sempre a martirizzare con processi immediati e sommari i colpevoli di reati la cui percezione risulta superficiale e lontana dal voler trovare soluzioni. Di conseguenza si consegna la testa del conduttore reo forse di non aver avuto i riflessi pronti, di non aver capito o forse di aver capito troppo bene fino al punto di voler stemperare, controbilanciando con un moto di orgoglio professionale tanto degrado cultuale. Non ci è dato sapere gli estremi del reato: il conduttore è colpevole senza appello con l’accusa di aver minimizzato la molestia.
Paga lui, perché è molto più semplice che fare i conti con i tribunali veri che, a volte, minimizzano le denunce di violenza o stalking, fino all’estrema conseguenza dello sfregio e dell’omicidio della vittima. Abbiamo sicuramente un sincero bisogno di giustizia che appaghiamo con il giustizialismo: allora non cambia nulla, anzi. Occhio per occhio.
2. Il gesto nei confronti della giornalista è sicuramente da inquadrare in un contesto di ignoranza: un gesto superficiale che non è certamente rispettoso e civile. Infatti è la stessa giornalista con la sua prima reazione a stigmatizzarlo così, dicendo al tifoso “non si fa”.
Greta affermerà che ha denunciato affinchè sia la giustizia a fare il suo corso, volendo tornare alla sua vita normale e, soprattutto, per associare il proprio nome alle sue competenze professionali e non allo sgradevole episodio, reso peggiore dalla strumentalizzazione per interessi terzi e letture improprie, se non irresponsabili. Infatti, banalizzare confondendo i due piani e le due questioni, quella etica e quella di diritto, è del tutto scorretto. Un conto è la molestia del caso di specie, un conto è la violenza sessuale.
Se la giornalista Greta riesce a scindere, non altrettanto riescono a fare gli opinionisti di turno che, improvvisandosi avvocati, pubblici ministeri e magistrati, hanno messo in scena il “tribunale mediatico”, redigendo per l’occasione un nuovo codice penale ove si codificano ben due reati, quello di “mancato riconoscimento di molestia minimizzata”, che vale la sospensione consensuale dalla conduzione della trasmissione con conseguente danno oggettivo a carico del…”colpevole”, e il reato di “violenza sessuale mediatica”, che esige il contrappasso del linciaggio mediatico, visto che, secondo qualche opinionista, trattasi di violenza sessuale ben più grave dello stupro, data la scena enfatizzata dalla telecamera accesa mentre la giornalista svolgeva il suo lavoro. Sarebbe diverso il caso, sempre secondo costoro, dell’impiegata che ha subito una violenza a telecamera spenta. L’idiozia è lampante. Penso ai giovani e provo per loro un senso di smarrimento: che cosa penseranno di simili adulti?
Chi scrive, nonostante le fatiche quotidiane del lavoro e della vita, ritiene doveroso dare gratuitamente ai giovani una lettura terza, per come può e con gratitudine nei confronti di Quarta Repubblica che gliene offre la possibilità. Forse la gratuità e il sacrifico aiutano a non perdere il buon senso perché mantengono il contatto con la realtà. Era necessario offrire solidarietà alla giovane senza nome che la sera del 3/12, nella tratta Milano-Varese, ha subito una violenza indegna a bordo di un treno della regione più ricca del Paese. Nessuno ha visto, alle 22 non c’erano passeggeri, non c’erano controllori o Polizia e neppure telecamere sul vagone collegate alla cabina del conduttore; neanche i controlli del green pass l’hanno salvata! A questa persona vanno la solidarietà e le scuse del Paese perché ieri sera c’era il rischio che le telecamere accese altrove la potessero far sentire vittima due volte: prima dei suoi violentatori che certamente meriterebbero la gogna mediatica, e poi del “politicamente corretto” che per lei ha riservato la cronaca di fondo pagina. La vicenda dolorosa di questa giovane ci impone, qui sì e seriamente, di misurarci con la nostra mediocrità nel volere per davvero contestare la violenza rafforzando i controlli sui treni, inasprendo le pene e aumentando la severità dei tribunali, quelli veri. Le leggi ci sono.
3. Last but not least: stigmatizziamo il gesto del tifoso come un gesto vile e specchio di “ignoranza civica”, oltre che di bassa formazione umana. Si ritorna sempre al solito discorso: se uno cresce con l'idea del "ma tanto, cosa sarà mai" ecco che si arriva a quello che abbiamo visto.
Ci si chiede quali siano le soluzioni, per contestare il femminicidio senza annacquarlo, la violenza di genere e la discriminazione: è ancora un miraggio una donna leader o presidente per meriti universalmente riconosciuti. Chi si sdegna abbia l’intelligenza di trovare soluzioni uscendo dalla modalità comfort della gogna mediatica fine a se stessa e riconoscendo nella sfida educativa la soluzione radicale e coraggiosa.
Genitori e insegnanti sono chiamati a testimoniare davanti ai giovani tre sentimenti: rispetto, responsabilità e temperanza:
a) se uno rispetta, non mette la mano sul sedere di un'altra persona
b) se uno ha senso di responsabilità è interessato a quello che gli altri possono pensare o soffrire
c) se uno è temperante domina i propri istinti. “Fatti non foste a viver come bruti”.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.