Detenuti in rivolta per la vernice, dodici agenti al pronto soccorso

Nel carcere di Terni è scoppiata una rivolta: a scatenarla sarebbe stato un detenuto, contrariato dal non aver ricevuto un barattolo di vernice con cui verniciare le pareti della cella. Capece (Sappe):"A questo hanno portato questi anni di iper garantismo nelle carceri. Servono provvedimenti"

Il carcere di Terni
Il carcere di Terni

Una vera e proprio rivolta scoppiata in carcere con il coinvolgimento di cinquanta detenuti, che ha portato all'incendio di una sezione della casa circondariale e al ferimento di dodici agenti della polizia penitenziaria. Il motivo che l'avrebbe innescata? Un barattolo di vernice. O meglio, la mancata consegna dello stesso ad un detenuto che lo pretendeva per dipingere la propria cella, il quale ha poi aggredito l'agente a cui lo aveva richiesto incitando anche gli altri ristretti ad usare la violenza. Questo è quanto accaduto nelle scorse ore a Terni, stando a quanto fatto sapere dal Sindacato autonomo polizia penitenziaria.

A seguito dell'aggressione che ha fatto precipitare la situazione, i carcerati (in buona parte stranieri, in base a quanto reso noto dal Sappe) hanno incendiato gli oggetti delle rispettive celle. Alla protesta si sono poi uniti anche i detenuti della sezione attigua, protestando per il fumo che stavano inalando. Ne è nata una colluttazione che è terminata solo dopo l'intervento di tutto il personale, inclusi gli effettivi a riposo e in congedo. Dodici poliziotti sono finiti al pronto soccorso per il fumo inalato e per i colpi ricevuti. E Donato Capece, segretario generale del sindacato Sappe, ha affidato ad una nota una lunga critica al sistema carcerario attuale, partendo proprio dall'episodio verificatosi in Umbria.

"Anche questa è una rivolta assurda ma annunciata. A questo hanno portato questi anni di iper-garantismo nelle carceri, dove ai detenuti è stato praticamente permesso di autogestirsi con provvedimenti scellerati "a pioggia" come la vigilanza dinamica e il regime aperto, con detenuti fuori dalle celle pressoché tutto il giorno a non fare nulla nei corridoi delle sezioni. E queste sono anche le conseguenze di una politica penitenziaria che invece di punire, sia sotto il profilo disciplinare che penale, i detenuti violenti, non assumono severi provvedimenti. Ormai picchiare un poliziotto in carcere senza subìre alcuna conseguenza è diventato quasi uno sport nazionale, nella indifferenza della politica e dei vertici dell’amministrazione penitenziaria - il suo pensiero, prima di rivolgersi anche alla premier "in pectore" Giorgia Meloni - al nuovo ministro della Giustizia che verrà chiedo di avere quel coraggio che non hanno avuto i loro predecessori nel modificare l’insostenibile e pericolosa situazione delle carceri italiane.

Non si può continuare così: la tensione che si vive nelle carceri è costante e lo sanno bene gli uomini e le donne della polizia penitenziaria che ogni giorno, nelle galere d’Italia, sono le vittime di aggressioni, umiliazioni, improperi, ferimenti, risse e colluttazioni da parte della frangia violenta dei detenuti. Servono con urgenza provvedimenti".

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