Al netto dell'interpretazione delle leggi e delle regole marittime, Malta non ha mai brillato nell'accoglienza dei migranti. Vuoi perché l'Italia non ha mai saputo battere i pugni sui tavoli europei, vuoi perché le persone che arrivavano dall'Africa spesso e volentieri esprimevano il loro rifiuto di rimanere a La Valletta, vuoi ancora perché da quando è iniziata l'operazione Triton era stato scritto nero su bianco che tutti gli sbarchi dei migranti soccorsi sarebbero dovuti avvenire nel Belpaese. Ma se l'accoglienza e il dovere di salvare vite in mare è un dogma universale, anche Malta non può sottrarsi dal rispettarlo.
Eppure, scorrendo le cronache degli ultimi anni, sono svariati i casi in cui le autorità maltesi hanno anteposto regole e interessi nazionali e hanno "beffato" l'Italia. Insomma, non c'è soltanto il caso della nave Aquarius. Quello è solo la punta di un iceberg. Qualche esempio? Nel luglio 2006 si mosse persino l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che espresse preoccupazione per la situazione degli immigrati a bordo del peschereccio spagnolo ''Francisco Catalina'' con a bordo 51 persone - tra cui 8 donne e un bambino - rimasto per oltre tre giorni al largo delle coste maltesi senza ricevere l'autorizzazione di attraccare.
Nel marzo del 2009 una nave della Marina italia carica di migranti fu ''respinta'' dalle autorità della Valletta e attraccò a Porto Empedocle con 76 immigrati, tra cui 13 donne, due delle quali in stato di gravidanza. I soccorsi avvennero a 40 miglia a sud delle Pelagie, in acque di competenza maltese. Il loro destino rimase sospeso per ore. ''Respinti'' dalle autorità della Valletta, porto in cui i militari italiani avevano chiesto di poterli sbarcare invocando il diritto della navigazione, hanno atteso sulla nave di conoscere la loro destinaziona finale. Il no dei maltesi, giunto nonostante la legge indichi come punto di approdo, in caso di operazioni di salvataggio, il porto vicino più sicuro, ha costretto i soccorritori a fare dietrofront verso l'Italia.
Il 30 aprile dello stesso anno, Malta dovette cedere e diede il permesso di attraccare a una motovedetta con a bordo 66 migranti che avevano effettuato il soccorso in acque di competenza maltese. Il governo de La Valletta però annunciò che avrebbe inviato una nota di protesta all'Unione europea per la mancata autorizzazione da parte dell'Italia a fare approdare la motovedetta a Lampedusa. E un mese dopo il premier maltese Lawrence Gonzi ci tenne a precisare che "l'assistenza che lo stato maltese darà agli immigrati in mare varierà secondo il caso. Previsto il soccorso a quelli che saranno in difficoltà e il trasporto verso lo scalo più vicino. Il governo maltese sostiene di capire il problema serio dell'Italia con l'arrivo di molti immigrati ma respinge ogni pressione fatta su Malta dall'Italia per assumere immigrati".
La musica si ripete ancora. Il governo maltese non autorizza l'ingresso nel porto della Valletta della nave Spica della Marina Militare Italiana, con a bordo 69 migranti, tra i quali 16 donne, recuperati ieri nel canale di Sicilia. Il salvataggio era avvenuto a circa 70 miglia sud di Lampedusa, in acque di competenza maltese per quanto riguarda le operazioni Sar di ricerca e soccorso.
Nel 2011 poi il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, puntò il dito contro Malta e la legge sull'immigrazione che impone la detenzione obbligatoria per tutti gli immigranti che arrivano sull'isola, siano essi richiedenti asilo, minori non accompagnati, donne incinte o persone con problemi psichici o fisici, in quanto non in linea con quanto previsto dalla Convenzione europea per i diritti dell'uomo.
Nel marzo 2012 un altro caso diplomatico. Un'altra imbarcazione alla deriva con 74 migranti a bordo soccorsa in acque di competenza maltese e un altro peschereccio fermo in attesa di disposizioni. La Marina militare maltese, che coordina le operazioni, indica di fare rotta verso l'approdo più vicino che è Lampedusa, ma l'isola delle Pelagie è stata dichiarata ''porto non sicuro'' dal nostro governo dopo l'incendio doloso, appiccato da alcuni tunisini in rivolta, che nel settembre scorso ha distrutto il Centro di prima accoglienza dell'isola.
Nell'ultimo periodo a far sentire la propria voce contro Malta è stata anche la Guardia costiera nostrana. Nel maggio 2017 il capo ufficio operazioni della Guardia Costiera, Nicola Carlone, parlando in commissione Schengen tuona: "Le autorità maltesi continuano a negare l'attracco nei porti dell'isola alle navi cariche di migranti e limitano al massimo i loro interventi di soccorso. Ogni volta che un'imbarcazione viene soccorsa va individuato un porto sicuro dove far sbarcare i migranti. E spesso questi porti sono quelli di Malta, o della Tunisia. Ogni volta che riceviamo una chiamata di soccorso avvisiamo i centri più vicini. Ma loro ci dicono di no. È successo un mese fa, almeno un paio di volte con la Tunisia. E succede spesso con Malta". E ancora: "Alcuni paesi, in particolare Malta, tendono a sottovalutare le condizioni di reale pericolo in cui si trovano le imbarcazioni, per sottrarsi all'obbligo di dichiarare intervento Sar e dunque intervenire, e si limitano ad un monitoraggio, fino a quando le imbarcazioni non lasciano le acque territoriali. Mirano ad evitare di intervenire su flussi che poi proseguono verso l'Italia".
Nell'agosto 2017, sempre la Guardia costiera denunciò come adddirittura per il caso della nave Golfo Azzurro le autorità maltesio abbiano disposto che si dirigesse verso il porto di Lampedusa senza il previsto e preventivo avallo della autorità
marittima italiana".Un'ulteriore riprova di ciò l'ha data la cronaca di questi ultimi giorni. È successo con la nave Seefuchs a cui è stato rifiutato l'ingresso in un porto dell'isola nonostante le pessime condizioni del mare.
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