Dimezzate le morti per parto nel mondo

É questo il dato più significativo che emerge dal rapporto sulla mortalità al momento del parto pubblicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità

Dimezzate le morti per parto nel mondo

Nel mondo migliaia di donne muoiono ancora di parto.
La situazione però sta lentamente migliorando, anche nei paesi più arretrati dal punto di vista della prevenzione sanitaria. Da venti anni a questa parte infatti si è ridotto drasticamente il tasso di mortalità materna, è quasi dimezzato il numero di decessi legato alla gravidanza e alle complicazioni durante il parto.
É questo il dato più significativo che emerge dal rapporto sulla mortalità al momento del parto, «Trends in maternal mortality:1990 to 2012», pubblicato il 16 maggio a New York dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), Unicef, Fondo delle Nazioni Unite Popolazione (Unfpa) e Banca mondiale.
«Sono molto lieto di vedere che il numero di donne che ancora muoiono per cause legate alla gravidanza o alle complicazioni durante il parto continua a diminuire. Ciò dimostra come lo sforzo notevole di diversi Paesi, sostenuti da Unfpa e altri partner, stia dando i suoi frutti», ha dichiarato il Dr. Babatunde Osotimehin, direttore esecutivo del Unfpa. «Non possiamo però fermarci qui. Il nostro lavoro deve continuare per fare in modo che ogni gravidanza sia una scelta consapevole e voluta e ogni parto sicuro», ha proseguito .
Dal 1990 al 2010 il numero di decessi è passato da 543.000 a 287.000, pari a meno il 47 per cento. I dati restano però comunque allarmanti e soprattutto resta enorme la distanza tra i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo.
Ancora oggi ogni due minuti una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza, quattro le cause più comuni: grave emorragia dopo il parto, infezioni, ipertensione durante la gravidanza e la difficoltà di accesso all'interruzione volontaria di gravidanza in condizioni di sicurezza. Soltanto l'aborto clandestino causa circa 70.000 morti ogni anno. Il 99 per cento dei decessi materni nel mondo avviene nei Paesi in via di sviluppo. Il 60 per cento delle morti riguarda dieci Paesi: India (56.000), Nigeria (40.000), Repubblica democratica del Congo (15.000), Pakistan (12.000), Sudan (10.000), Indonesia (9.600), Etiopia (9.000 ), Repubblica Unita di Tanzania (8500), Bangladesh (7200) e Afghanistan (6400).
Nell'Africa sub-sahariana, 1 donna su 39 rischia di morire a causa della gravidanza o delle difficoltà legate al parto. Nel Sud-Est asiatico il rischio è di 1 donna su 290 e nei Paesi sviluppati, è di 1 donna su 3800.
«Sono 215 milioni le donne che non hanno accesso ai contraccettivi moderni. La pianificazione familiare volontaria non è solo un diritto, è anche il modo per ridurre di un terzo la mortalità materna», conclude Osotimehin.
«La maggior parte dei decessi si potrebbe evitare con semplici interventi di provata efficacia -spiega Daniela Colombo, presidente dell'Aidos (Associazione italiana donne per lo sviluppo)- Negli ultimi trenta anni Aidos ha portato, in diversi Paesi in via di sviluppo, il modello dei consultori italiani con un approccio integrato e olistico alla salute sessuale e riproduttiva. E' un modello che funziona molto bene. Peccato che nel nostro Paese li stiano chiudendo».
Già in un precedente rapporto era emerso come fossero circa 300.000 le madri che ogni anno perdono la vita per il parto e tre milioni i bambini che non sopravvivono alla nascita per complicazioni e patologie prevenibili e curabili. Il divario tra il "nord" e il "sud" del mondo è davvero impressionante. In Norvegia, paese in cima a questo genere di classifiche, ogni parto avviene in presenza di personale qualificato mentre in Afghanistan, fanalini di coda, questo accade solo nel 16 per cento dei casi. L'83 per cento dell donne norvegesi fa uso di contraccettivi e solamente una su 175 perderà il proprio bambino prima che compia cinque anni.

Le donne afgane che ricorrono alla contraccezione sono il 16 per cento, ed in questo paese un bambino ogni cinque muore prima di arrivare al quinto anno di età, il che significa che ogni donna, in Afghanistan, va incontro alla perdita di almeno un figlio nell'arco della sua vita.

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