Era una rovente estate del 2015 quando gli scavi del Corpo Forestale portarono alla luce un sistema criminale nascosto per oltre 40 anni. Dal terreno ormai di diversi colori intorno all’azienda di vernici e ceramiche Pozzi-Ginori (chiusa negli anni Ottanta) emersero i primi rifiuti superficiali, ma fin da subito si capì che si era davanti ad una bolla ecologica simile ad un inferno, in cui la contaminazione aumentava con la profondità.
Il primo strato composto da plastiche e buste con prodotti industriali, poi un tappo di cemento e un secondo strato costituito da fusti. Ad oltre 5 metri un altro tappeto di plastiche e pelli. Secondo il Generale Sergio Costa, oggi ministro dell’ambiente, che indagò sul caso si tratta della discarica abusiva sotterranea più grande d’Europa, un’area abusiva equivalente a 50 campi di calcio.
Ma cosa resta della maxi discarica sotterranea alle spalle dello scheletro della vecchia Pozzi Ginori? Dopo tre anni da quella scoperta choc che tanta eco mediatica ha avuto, tutto è rimasto pressoché invariato. Ad eccezione delle numerose fumarole tossiche che hanno continuato ad animare quell’inferno grazie all’autocombustione sotterranea dei rifiuti interrati.
Per oltre mille giorni i rifiuti tossici sono rimasti lì, sottoposti agli agenti atmosferici e incustoditi. E tutto questo sebbene nel 2016 la Regione Campania abbia stanziato ben 15 milioni di euro per la bonifica.
Soltanto nell’aprile del 2019 sono iniziati dei lavori di rimozione preliminari, attuati dal comune di Calvi Risorta in cui insiste la discarica. Ma della bonifica ancora nessuna traccia, nonostante le proteste infaticabili di cittadini e comitati ambientalisti, e chissà per quanti altri giorni ancora.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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