Dispersione a scuola, al ministero propongono di ridurre le bocciature

La troppa dispersione scolastica è un problema per l'Italia. Siamo al 24,7% per le Superiori, contro il 10% raccomndato dall'Ue come limite massimo. Che fare? Gli "esperti" trovano una soluzione tragica: bocciare di meno

Dispersione a scuola, al ministero propongono di ridurre le bocciature

Tra i tanti problemi che affliggono la scuola italiana c'è la "dispersione", cioè gli iscritti che non completano il ciclo di studi e abbandonano senza arrivare in fondo. L'Unione europea raccomanda di fare di tutto per non superare il 10%, e fissano un obiettivo, entro il 2020. I dati del nostro Paese, però, sono molto preoccupanti: secondo il Ministero dell'Istruzione siamo al 13,8% (dieci anni fa eravamo al 20,8%) nelle scuole di ogni ordine e grado. Il problema è che se ci concentriamo solo sulle scuole Superiori i dati sono decisamente peggiori. Come sottolinea il Quotidiano nazionale, che riporta la rivista Tuttoscuola, la dispersione raggiunge il 24,7%. Meglio rispetto al passato (28,5% del 2006 e il 36,65% del 2001), ma ancora lontani dall'auspicato 10%.

Il Ministero non si limita a snocciolare dati, cerc di individuare le soluzioni per correre ai ripari e raddrizzare la barca, ove possibile. Tra sperimentazioni, vecchie e nuove, e le più che doverose esperienze scuola-lavoro che sicuramente fanno bene, il pool di esperti a cui si è affidato il Miur suggerisce prima di tutto una cosa. Reggetevi forte: "Limitare, anche con forme di moratoria, le bocciature che non sono efficaci in termini di riuscita e di sostegno alla motivazione". Insomma, per motivare i ragazzi non bisogna bocciarli. Ora, è chiaro che se uno studete viene bocciato si possa demoralizzare, ma è giusto promuoverlo se non lo merita? E, soprattutto, a che cosa serve?

Ancora una volta i numeri possono aiutare a riflettere. Nelle nostre scuole superiori le bocciature (in calo negli ultimi anni) si attestano intorno al 7,7%. Un numero abbastanza significativo, che sicuramente contribuisce ad accrescere il numero di ritiri dalla scuola, accrescendo i problemi per l'inserimento nel mondo del lavoro. Ma le bocciature si concentrano soprattutto al primo anno, e soprattutto nelle scuole tecniche o professionali (quasi il doppio rispetto ai licei). Numeri confermati anche per ciò che concerne l'abbandono della scuola: impressionante, sui cinque anni complessivi, il 27,3% di abbandono dagli studenti tecnici e il 32,1% dai professionali. Urge correre ai ripari, perché a rimetterci è tutto il Paese, anche in termini di Pil. Ma come fare? Migliorando la scuola, ovviamente. E motivando i ragazzi, a partire dalla loro autostima.

Per il ministro Valeria Fedeli "combattere la povertà educativa è il primo modo per combatte ogni povertà. Dobbiamo agire". Sì, d'accordo, ma come? Gli esperti interpellati dal Miur suggeriscono di "riconsiderare i cicli di istruzione con attenzione allo snodo tra scuola media e biennio del successivo obbligo, in modo fortemente orientativo e con occasioni per il recupero"; "dedicare tempo a ciascun ragazzo e ciascuna ragazza" con "una maggiore e migliore articolazione organizzativa" con "aule tematiche centrate sul laboratorium e sull’apprendimento contestualizzato". E poi limitare le bocciature. Insomma, la grande idea è il ritorno al "sei politico".

Ma siamo sicuri che questo non produca ulteriori danni? Il caso di Alberto Angela, bocciato in quinta elementare (come raccontato di recente da suo padre Piero), rivela che una bocciatura a volte può essere più che salutare.

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