"Se in carcere muore una ragazza di 27 anni così come è morta Donatella, significa che tutto il sistema ha fallito. E io ho fallito, sicuramente...". Sono le parole che il giudice del Tribunale di Sorveglianza di Verona, Vincenzo Semeraro, ha voluto dedicare a Donatella, la 27enne morta suicida in carcere a Verona. La lettera è stata letta durante i funerali della ragazza a cui erano presenti anche il fidanzato Leo e il papà della giovane.
Il suicidio
Donatella era in carcere per via di alcuni furtarelli commessi quando assumeva droga. Si è tolta la vita inalando il gas dal piccolo fornello che aveva a disposizione in cella, a Montorio. Prima di farla finita ha scritto un breve messaggio di addio al fidanzato: "Leo, amore mio. Sei la cosa più bella che mi poteva accadere e per la prima volta in vita mia so cosa vuol dire amare qualcuno. Ma ho paura di tutto, di perdere tutto e non lo sopporterei. Perdonami amore mio. Leo, sii forte. Ti amo e scusami". Poi, l'ultimo saluto al nonno: "Ti voglio bene".
"Il sistema ha fallito"
I funerali della ragazza sono stati celebrati questa mattina, nella chiesetta di Castel d'Azzano (Verona). Durante la funzione, un'amica di Donatella, Micaela, ha letto la lettera scritta dal magistrato del Tribunale di Sorveglianza in ricordo della giovane. "Conoscevo Donatella dal 2016, avevo lavorato con lei e per lei in tante occasioni - ha esordito il magistrato Vincenzo Semeraro nella sua sincera e commovente missiva -, ultima delle quali nel marzo scorso, allorché la inviai in comunità a Conegliano. Inutile dire che la sensazione che provo è quella di sgomento e dolore... So che avrei potuto fare di più per lei, non so cosa, ma so che avrei potuto fare di più!". Da ultimo, un messaggio di cordoglio per i familiari della giovane: "Ti chiedo di portare le mie condoglianze ai familiari, - scrive ancora il giudice - anche se in questo momento ho pudore, perché è ragionevole che chi era vicino a Donatella possa provare rabbia nei confronti delle istituzioni e di chi, più o meno degnamente, le rappresenta". Anche il magistrato veronese Andrea Mirenda ha inviato un messaggio alla famiglia di Donatella per "esprimere la mia più dolorosa vicenda in questo tristissimo momento".
I familiari
Donatella sognava di rifarsi una vita fuori dal carcere, di metter su famiglia col fidanzato Leo. Il ragazzo, presente alla cerimonia, era sconvolto e incredulo. "Come faccio adesso io senza di te? Perché te ne sei andata? Ti avrei aspettato, come faccio sempre", sono state le sue uniche parole. Come ben ricorda Laura Tedesco, inviata a Castel d'Azzano per il Corriere del Veneto, da alcuni mesi Donatella si stava disintossicando e il suo legale stava valutando la possibilità di farle ottenere una misura alternativa al carcere. "Non c’è bisogno di commentare il passato di una persona che ha avuto i problemi con la droga dopo che si è suicidata, sappiamo tutti quello che ha fatto per assumere la droga. Se è possibile servono belle parole per non fare male ancora alla famiglia", ha commentato tra le lacrime il papà della 27enne.
La task force
La storia di Donatella ha generato sconforto e dolore. Il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) ha già varato "le linee guida di una task force per prevenire i suicidi in cella", scrive il Corriere.
Intanto, Don David Maria Riboldi, cappellano del carcere di Busto Arsizio, ha lanciato un appello alla Ministra Cartabia e Carlo Renoldi, Capo del Dap, affinché "sia concesso il telefono nelle celle, come in Europa. Una telefonata ti può salvare la vita, non è un caso che negli ultimi drammatici episodi di suicidi in carcere, i detenuti abbiano deciso di togliersi la vita giusto di notte".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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