Il futuro prossimo del Pd potrebbe aprirsi con un «gambetto di donna». È la mossa che battezza il romanzo di Walter Tevis e resa popolare dalla serie La regina degli scacchi. È una strategia per conquistare il centro della scacchiera e l'avversario può assecondarla mangiando un pedone o rifiutarla. Nella storia di Beth, la protagonista, è il simbolo di come una donna sia riuscita ad affermarsi in un mondo dominato dagli uomini. È un tema su cui a sinistra ci si sta interrogando da qualche tempo. La nomina di ministri solo maschi nel governo Draghi ha messo in evidenza qualcosa che tutti sapevano: nel Pd a muovere i pezzi sono gli Orlando, i Franceschini, i Zingaretti, i Guerini e qualche Bettini dietro le quinte. Le donne sono marginali. Non è certo un privilegio dei Dem, ma l'aver preferito le correnti al genere ha creato parecchie polemiche. Zingaretti si è ritrovato a fare i conti anche con un profilo patriarcale. Non si è dimesso da segretario per questo, ma il tema resta molto caldo.
La leadership è uno dei punti fragili del Pd. Non riescono a trovare un segretario con il carisma che serve in momenti di crisi. È una crisi politica, di identità, di visione e di consensi. Renzi se ne è andato, ma la sua ombra continua a pesare sul partito. Ha lasciato una larga quinta colonna che continua a non escludere il ritorno. Matteo è diventato irritante per i suoi vecchi elettori, ma non ha mai smesso di giocare su più tavoli ed è convinto che il tempo potrebbe riaccendere la sua immagine. Per ora pascola nei territori del centro, si gode il successo dell'operazione Draghi e guarda con disincanto a una poltrona Onu, con la benedizione di Washington. È dannatamente ottimista e ritiene che il futuro sia dalla sua parte.
Giuseppe Conte ha indossato la giacca da capo dei Cinque stelle. Zingaretti aveva scommesso il suo ultimo penny sull'avvocato del popolo come campione della nuova sinistra. Le carte sono andate da un'altra parte. Non può essere lui la stella del Pd. Adesso bisogna inventarsi un successore di Zingaretti. Non dovrebbe essere difficile. Il pretendente dovrebbe essere Stefano Bonaccini. Il governatore dell'Emilia Romagna non ha mai nascosto le sue intenzioni. Il problema è che il suo collega laziale si è dimesso troppo presto, quasi per dispetto, per rovinare i piani dell'avversario. Il congresso è ancora lontano e Bonaccini non intende bruciarsi. Non accetta il ruolo di «segretario ponte». Non è adesso la sua partita. Serve, quindi, qualcuno di passaggio. Non troppo forte e senza grandi ambizioni. È così che il maschilismo rispunta con una vena di stupida ipocrisia: cercate la donna.
Un segretario donna cambia il vestito al partito e mostra come il Pd sappia imparare dai propri errori. L'importante è che questa maschera non duri a lungo. Non più di due anni, perché poi ci sarà il congresso e i maestri di scacchi sono lì pronti a riprendersi la scena. A questo punto la domanda è: quale donna?
Il nome da evocare è quello di Roberta Pinotti. Sarebbe la scelta ideale. È vicina alla corrente di Franceschini, che in questa storia fa da ago della bilancia, e non è un personaggio che divide. Ha già occupato, come ministro della Difesa, un posto di rilievo in un mondo considerato tradizionalmente maschile. Non è ostile a Zingaretti e lo ha invitato a ripensarci. Proprio ieri ha dichiarato: «Draghi è al 90 per cento un progetto del Pd». Non sembra avere molta nostalgia di Conte. Pochi, d'altra parte, pensano che possa davvero contrastare Bonaccini. È donna ma non è una scelta rivoluzionaria. I suoi sponsor sono convinti che possa traghettare il Pd verso il 2023 senza stravolgere gli equilibri interni.
Le alternative alla Pinotti sono al momento due. Qualcuno senza troppa convinzione fa il nome di Anna Finocchiaro e altri fanno presente che la soluzione potrebbe essere ancora più vicina. Valentina Cuppi, sindaco di Marzabotto, è presidente del partito. È stato Zingaretti a sostenerla. Basterebbe cambiare il suo ruolo e chiudere la partita.
Il «gambetto di donna» per realizzarsi deve però superare un avversario.
C'è qualcuno nel Pd che non ha alcuna intenzione di lasciarsi frenare dal genere. È l'attuale ministro del Lavoro e vicesegretario del Pd. Andrea Orlando vuole prendersi tutto. Il suo progetto è presentarsi al congresso da segretario in carica. È troppo perfino per gli scacchi.
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