Il dottore con la paralisi che opera con l'esoscheletro

Marco Dolfin, 36 anni e medico, è in sedia a rotelle dopo un incidente stradale. Ma non si arrende e continua a operare

Il dottore con la paralisi che opera con l'esoscheletro

Due figli, gemelli, una medaglia di legno alle Paralimpiadi di Rio e quel lavoro che non aveva nessuna intenzione di lasciare. Neppure dopo quel drammatico incidente che lo ha costretto alla sedia a rotelle. Marco Dolfin, chirurgo ortopedico dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino, è l'esempio di chi non vuole arrendersi al destino. E così nonostante l'invalidità continua ad operare, sorretto da un esoscheletro particolare.

"Quando entro in sala operatoria e i pazienti capiscono che sarò io a operarli hanno sempre una luce strana negli occhi - racconta il medico al Corriere - E non capisco se è per l’effetto dell’anestesia o perché mi vedono arrivare in carrozzina".

Lui a 36 anni entra in sala operatoria come se nulla fosse. Peccato che a tenerlo in piedi sia un esoscheletro fabbricato appositamente dall’Officina ortopedica "Maria Adelaide". In qusto modo Dolfin può stare in piedi e muoversi in sala operatoria (quasi) come se quel maledetto incidente in moto non fosse mai successo.

Stava correndo in ospedale per dare una mano ad un collega quando, un mese appena dopo il matrimonio, si ritrova in Pronto Soccorso da paziente. "Detto così è quasi comico, ma all’inizio i miei colleghi non hanno capito che ero io quello da curare - racconta ancora al Corriere - Dal punto di vista medico, invece, la situazione è stata subito chiara. Quando mi sono svegliato, dopo l’operazione, non sentivo più le gambe. Da esperto, ho capito immediatamente, anche se in parte hanno provato a tenermi nascosta la verità. Cosa ho provato? Ero distrutto, come tutti. Ho pensato a tutto ciò che non avrei più potuto fare".

Dopo un anno di riabilitazione riesce a tornare in corsia. Non gli bastava operare solo ai piedi o alle mani, cosa che avrebbe potuto fare anche dalla carrozzina. Dolfin voleva qualcosa in più, voleva lavorare sull'anca e sulle protesi al gionocchio. "Serve molta forza - spiega il dottore e stando in sedia a rotelle è impossibile". E così è arrivato l'esoscheletro.

"I miei colleghi e la direzione dell’ospedale mi hanno sempre sostenuto - dice - Certo, subito pazienti e familiari sono un po’ straniti, ma man mano che parlo di questioni mediche, la mia condizione di salute finisce sullo sfondo".

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