Il Dragone ai raggi Xi. Così nasce l'ItalCina

Il Dragone ai raggi Xi. Così nasce l'ItalCina

Xi Jinping atterra a Roma con due Boeing 747 di Air China. Non ne basta uno perché la delegazione che solitamente accompagna l'imperatore è composta da cinquecento persone. Oltre a una schiera di guardie del corpo, ci sono due medici, due cuochi, un assaggiatore di pietanze, vari interpreti, e poi diplomatici, funzionari ministeriali, big del partito, capi di aziende pubbliche e di istituzioni culturali... La «corte imperiale» rivolge una singolare richiesta al cerimoniale italiano: quella di contingentare il numero delle mani che Xi dovrà stringere nei suoi incontri... Troppe mani strette significano troppa fatica per il leader, ne bastano una decina a incontro.

L'ultima volta del presidente cinese in Italia era stata il 16 novembre 2016, quando, in transito verso il Perù, si era fermato in Sardegna per cenare con l'allora premier italiano Matteo Renzi, all'hotel Fort Village di Santa Margherita di Pula, in provincia di Cagliari... Renzi domandò a bruciapelo a Xi: «Quando arriverete alla democrazia? Ci sarà un processo che vi condurrà a questo traguardo?». Il presidente cinese, che non perde mai la sua aria serafica, replicò: «Democrazia? E perché? Se vedo quello che è successo in Gran Bretagna con Brexit, quello che è successo alla Clinton, e quello che potrebbe succedere a lei con il referendum, mi domando: la democrazia è la soluzione migliore?»...

La visita di Xi Jinping ha soprattutto un obiettivo chiave, quello di coinvolgere l'Italia nella rete della Via della Seta. Al progetto, che come sappiamo punta a ridisegnare gli equilibri economici globali, hanno già aderito altri Paesi europei come il Portogallo e l'Ungheria, ma è la presenza dell'Italia, Paese del G7, a preoccupare gli alleati, primi tra tutti gli Stati Uniti... Il Memorandum che il premier italiano Giuseppe Conte firma a Villa Madama con Xi Jinping fornisce una cornice giuridica a 29 accordi, articolati in 10 intese tra aziende private e 19 tra soggetti istituzionali, per un valore di almeno 7 miliardi di euro.

Quando, nel marzo 2019, Xi sbarca a Roma, un pezzo d'economia italiana ha già assunto i colori della Cina, visto che le aziende possedute da investitori cinesi sono ormai 641, una parte non irrisoria della produzione interna, pari a 8,4 miliardi del Pil nazionale. L'investimento, a partire dal 2000, di 16,2 miliardi di euro, rappresenta la terza quota in Europa, dopo Germania e Gran Bretagna...

Non è un'esagerazione affermare che quando si parla di «proprietà cinese» in realtà ci si riferisce a Xi Jinping in persona, perché la Cina, nel perseguire il suo programma di acquisizioni nel mondo, utilizza prevalentemente la State-owned assets supervision and administration commission of the State council (Sasac), la holding che gestisce una grossa fetta delle aziende statali e che opera direttamente alle dipendenze del Consiglio di Stato... Si calcola che disponga di un patrimonio pari a 161 trilioni di yuan (26 trilioni di dollari)...

La sera del 20 marzo 2015 il consiglio d'amministrazione di Camfin, la holding che controlla la Pirelli, decideva l'ingresso nel capitale dei cinesi. Ad agire è la ChemChina (China National Chemical Corporation), impresa creata nel 2004... Al momento, l'italianità di Pirelli appare salvaguardata, ma gli esperti si domandano quanto durerà. L'esperienza vuole che gli uomini di Pechino prima facciano un garbato apprendistato, poi passino direttamente al comando...

Gli investimenti cinesi in Europa provengono quasi esclusivamente da capitale pubblico, dello Stato. Molte imprese vengono schermate, nel senso che, all'apparenza, si presentano come soggetti di natura privata, con un board e un amministratore, mentre in realtà si tratta di selezionati funzionari del partito che agiscono sotto diretta indicazione dell'apparato del Pcc. Da tempo la Cina è entrata in settori strategici e redditizi... La People's Bank of China è la Banca centrale cinese, l'equivalente della Banca d'Italia e della Federal Reserve negli Stati Uniti: possiede (considerando che i valori oscillano) il 2,005 per cento di Intesa San Paolo, tra i principali gruppi bancari del nostro Paese, detiene il 2,014 per cento del Gruppo Generali, primo gruppo assicurativo in Italia e tra i più rilevanti al mondo. Ancora, ha acquistato il 2,102 per cento di Eni, una delle maggiori aziende energetiche al mondo e gioiello italiano, così come il 2,071 per cento di Enel, principale operatore elettrico nazionale e seconda utility quotata in Europa. Il quadro delle partecipazioni nel settore energetico si completa con il 2,01 per cento di Terna, operatore delle reti elettriche in Italia e primo in Europa per chilometri di linee gestite. Sempre nel settore bancario, People's Bank of China possiede il 2,005 per cento di Unicredit e il 2,010 per cento del Monte dei Paschi di Siena. A completare il quadro dei «possedimenti» c'è Telecom Italia S.p.A. che, nonostante le molte problematiche degli ultimi decenni, è pur sempre il settimo gruppo economico italiano per fatturato, strategico nei servizi di telefonia e possessore di Tim. People's Bank of China ne possiede il 2,081 per cento. Cdp Reti S.p.A. è l'importante veicolo societario della Cassa Depositi e Prestiti che gestisce partecipazioni in Snam, Italgas e Terna. State Gride Corporation of China, colosso statale dell'energia con 2,1 miliardi di euro, ha acquistato il 35 per cento di Cdp Reti. Non ci sono solo le grandi imprese strategiche nel portafoglio delle acquisizioni cinesi, ma anche marchi simbolo del Made in Italy. È entrato nell'orbita del dragone anche il gruppo Ferretti, tra i maggiori produttori mondiali di yacht di lusso, che tra l'altro controlla il marchio dei famosi motoscafi Riva... La Zhongneng Vehicle Group si è assicurata il controllo della Moto Morini, storico marchio delle due ruote, fondato nel 1937, celebre per i suoi prodotti di successo negli anni Cinquanta e Sessanta. Così il gruppo di elettrodomestici Haier, che ha la sua testa a Qingdao, nello Shandong, ha conquistato la Candy... Secondo alcune statistiche, sono quasi seimila le aziende cinesi che si sono consolidate nel comparto tessile. La Cina ha messo le mani anche sul nostro sistema logistico, in particolare i porti. Quello di Trieste è indicato come un terminale della Via della Seta, mentre quello di Napoli è un varco di ingresso per le merci cinesi...

L'anomalia non è data dalla natura di questi investimenti così diffusi, quanto dal fatto che la People's Bank è la Banca centrale di Stato cinese. È come se la Banca d'Italia, la Bce o la Fed andassero a comprare quote di aziende in Cina. Cosa che, tra l'altro, il governo di Pechino non consentirebbe mai...

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