Un mix esplosivo contro il Covid: ora studiano il super-vaccino

AstraZeneca e i russi del vaccino "Spuntik V" uniranno le forze per trial congiunti che potranno dar vita ad un super vaccino contro il Covid

Un mix esplosivo contro il Covid: ora studiano il super-vaccino

L'unione fa la forza: in tempi di Covid vale anche per i vaccini. Oltre alla "corsa" che decine di aziende nel mondo, ognuna per la sua strada, stanno facendo per mettere a punto il prodotto migliore per bloccare il virus, c'è anche un caso che non si verifica spesso: AstraZeneca e Sputnik V hanno deciso di unire le forze e miscelare i loro vaccini.

La nota di AstraZeneca

L'azienda biofarmaceutica britannico-svedese AstraZeneca ha detto che proverà il suo vaccino anti-Covid in combinazione con quello russo dopo che il mese scorso alcuni scienziati russi avevano suggerito che l'unione dei due preparati potrebbe aumentarne l'efficacia. Per saperne di più, abbiamo provato a metterci in contatto con le rispettive aziende: l'Istituto Gamaleya con sede a Mosca non ha mai risposto, AstraZeneca ci ha inviato una nota in cui viene sottolineato come, per "superare la pandemia COVID-19, sarà necessario più di un vaccino e dato che diversi vaccini sono in fase di sperimentazione e/o approvazione, è importante capire come possono essere utilizzati, la loro intercambiabilità o il loro potenziamento. Essere in grado di combinare diversi vaccini può essere utile per migliorare la protezione e/o l'accesso ai vaccini e per questa ragione è importante esplorare diverse combinazioni al fine di contribuire a rendere i programmi di immunizzazione più flessibili, consentendo ai medici una scelta più ampia al momento della somministrazione".

"Unione anche con altri vaccini". La nota di AstraZeneca si conclude con una riflessione che spiana la strada nel "valutare combinazioni eterologhe di diversi vaccini, lavorando con partner industriali, governi e istituti di ricerca in tutto il mondo, e presto inizierà a collaborare con il Gamaleya Research Institute in Russia per capire se due vaccini a base di adenovirus possono essere combinati con successo". In pratica, non è escluso che possa esserci l'unione anche con vaccini di altre aziende. Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo RDIF (Fondo russo per gli investimenti diretti) che ha finanziato lo Sputnik V, ha dichiarato "la forza della tecnologia Sputnik V e la nostra volontà e desiderio di collaborare con altri vaccini per combattere insieme Covid", secondo quanto riportato dal Messaggero.

Come funzionano

Le prove inizieranno a giorni, sono previste entro la fine dell'anno. Ma cos'hanno in comune i due vaccini anti-Covid? Intanto, l'italo-inglese sviluppato da AstraZeneca assieme all'azienda Irmb di Pomezia, chiamato AZD1222, ha dimostrato di avere un'efficacia del 62,1% se somministrato in due dosi intere ma l'efficacia aumenta fino al 90% nei volontari che hanno ricevuto mezza dose seguita da una dose intera. È quanto emerso dall'analisi provvisoria degli studi di fase tre, pubblicata sulla rivista Lancet. Nel vaccino è stato sviluppato un tipo di vettore virale non replicante che utilizza un virus innocuo per stimolare il sistema immunitario di un ricevente a sviluppare anticorpi. Rispetto ai vaccini ad mRNA di Pfizer e Moderna, l’iniezione di AstraZeneca è più facile ed economica da produrre, trasportare e conservare (in frigo tra 5 ed 8 gradi). L'Italia punta molto su questo vaccino: ne ha acquistato ben 40,38 milioni di dosi, secondo soltanto a quelli dell'azienda Johnson & Johnson con 53,84 milioni (clicca qui per consultare la tabella completa)

Ecco lo Sputnik V. Come il vaccino Oxford-Pomezia, anche lo Sputnik V russo si basa su una versione modificata dell'adenovirus, un comune virus del raffreddore. Questo "vettore" viene privato di tutti i geni che causano malattie e modificato per trasportare le istruzioni genetiche per produrre la proteina del coronavirus, che passa alle cellule umane. La proteina spike prodotta dal coronavirus innesca, quindi, una risposta immunitaria che protegge dalla malattia Covid-19.

laboratorio

L'errore di AstraZeneca

E se il sodalizio fosse nato perché uno, o entrambi i vaccini, non hanno dimostrato l'efficacia sperata? Dubbio più che legittimo, dal momento che AstraZenenca ha subito un forte stop a causa di un errore nel dosaggio: ai volontari, infatti, era stata somministrata soltanto mezza dose la quale, a sorpresa, si è rivelata più efficace di quella intera (due dosi intere 62% di efficacia, mezza dose più una 90%). "Non lo so, credo siano logiche aziendali che coinvolgono, semmai, le agenzie regolatorie e alcuni Stati. Quello che è probabile è che, essendo molto simile la piattaforma tecnologica, abbiano pensato ad una sodalizio di sinergia per la produzione e per la messa a punto", ha detto in esclusiva per ilgiornale.it il professore Massimo Clementi, Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell'Ospedale San Raffaele di Milano, che ci ha spiegato le difficoltà del vaccino italo-inglese.

"Errore gravissimo". "AstraZeneca era partita molto velocemente, poi si è trovata in grossa difficoltà per l'errore del dosaggio, errore gravissimo per un'industria farmaceutica, cioè quello di dimezzare la dose. Ci sono varie teorie sul perché sia successo, forse non ha funzionato bene un rilevatore ma è qualcosa che non deve accadere", ha spiegato Clementi. L'Italia, come spiegato prima, ha puntato molto su questo vaccino che, al momento, non dà le garanzie di altre case farmaceutiche. "Se i dati sono quelli che abbiamo visto, a parte il 90% della dose dimezzata, il 70% era ciò che veniva considerato accettabile come efficacia minima ma, allo stato attuale, è notevolmente inferiore rispetto a quelli di Pfizer e Moderna, ben sopra il 90%. Penso, quindi, che ci sia una sorta di difficoltà", ci ha detto il professore Oltre al vaccino, però, l'azienda britannica ha messo a punto uno studio sugli anticorpi monoclonali come profilassi all'infezione. "Mi sembra un'ottima cosa, non tutti i soggetti risponderanno ai vaccini, una piccola quota non risponderà o non potranno essere vaccinati. Avere un'alternativa è sempre una cosa valida", sottolinea Clementi.

L'immunità anti-vettore

Un potenziale problema con questa tipologia di vaccini riguarda l' "immunità anti-vettore": se il sistema immunitario ha precedentemente incontrato il tipo di adenovirus utilizzato nel vaccino, può distruggerlo prima che il vaccino possa innescare una risposta immunitaria. Questo è il motivo per cui il gruppo dell'Università di Oxford ha scelto di utilizzare un adenovirus scimpanzé piuttosto che uno umano. Tuttavia, l'immunità anti-vettore potrebbe anche ridurre l'efficacia dei colpi di richiamo, se ciò comporta l'iniezione dello stesso virus per una seconda o terza volta. Mescolare e abbinare diversi vaccini potrebbe, quindi, fornire una soluzione. Questo concetto è noto come "potenziamento primario eterologo" ed è stato utilizzato nei programmi di vaccinazione contro altre malattie.

Differenze con vaccini ad mRna. "L'adenovirus è un vettore inerte, il suo unico compito è portare all'interno delle cellune l'Rna che veicola: molti adenovirus, però, sono diffusi nella specie umana e sceglierne uno umano poteva essere rischioso perché poteva causare una risposta di anticorpi nei confronti del vettore che impediva al vaccino di entrare dentro le cellule", ha spiegato Clementi. È per questo che è stato scelto il vettore di un primate, in questo caso di una scimmia. "Questo problema non c'è con i vaccini ad mRna i quali vengono veicolati da piccole particelle di lipidi, i grassi, che vanno dentro le cellule e sono totalmente inerti".

Alcuni dubbi. A differenza di AstraZeneca, Sputnik V utilizza due diversi vettori di adenovirus umani per cercare di innescare una risposta immunitaria più forte e a lungo termine. Non è ancora chiaro quale di questi componenti sarà testato insieme al vaccino AstraZeneca. Come riportato dal TheGuardian, l'immunità anti-vettore potrebbe anche fornire una possibile spiegazione del motivo per cui il vaccino AstraZeneca sembra funzionare meglio se somministrato come mezza dose seguita da una completa, piuttosto che due dosi complete.

Qual è la situazione attuale

Il vaccino sviluppato da Oxford e dall'azienda italiana Irbm di Pomezia, nonostante il brusco stop è già in fase tre e nei prossimi giorni si attende il via libera dell'agenzia del farmaco del Regno Unito per l'uso sulla popolazione inglese. Nelle prime settimane del 2021 potrebbe essere validato anche per l'Italia se ci sarà l'ok di Ema ed Aifa. Di contro, invece, i russi hanno iniziato la somministrazione del loro Sputnik V già il 10 dicembre scorso nonostante molte perplessità da parte del mondo scientifico per la fretta con il quale è stato approvato e la mancanza di un numero di dati sufficiente per l'ok definitivo (ne abbiamo parlato su InsideOver).

Nelle ultime ore, però, il ministero della Sanità della Russia ha autorizzato per la vaccinazione di massa anche le persone al di sopra dei 60 anni d'età. Il ministro della salute, Mikhail Murashko, ha sottolineato che le ultime analisi hanno confermato che l'uso dello Sputnik V "non comporta alcun rischio per gli anziani".

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