"Ecco come funziona la macchina della disinformazione russa"

Livia Ponzio, esperta di disinformazione russa, spiega a ilGiornale.it come opera la macchina di propaganda di Putin

"Ecco come funziona la macchina della disinformazione russa"

“Il governo di Mosca, spesso, agli attacchi sul campo fa precedere le azioni militari nell'area della comunicazione”. Livia Ponzio, documentarista ed esperta di disinformazione russa, spiega a ilGiornale.it come opera la macchina di propaganda del Cremlino che muove i passi proprio nell’Ucraina degli anni ’30.

Cosa successe all’epoca?

“L'holodomor, la carestia ingegnerizzata dagli apparati di Lenin venne supportata molto dai media. All'epoca non esistevano i social, ma le modalità erano simili a quelle odierne. Si impiantava il seme di una notizia non sempre falsa, ma la si decontestualizzava dandole un significato diverso da quello che aveva e così diventava la classica fake-news. Dalla Seconda Guerra Mondiale in poi questa dottrina ha cominciato a essere sempre più militarizzata”.

In che senso militarizzata?

“L'apparato di propaganda russa è sempre stato gestito dal Kgb/Fsb, ma ora Putin ha spostato la responsabilità della campagna dell'invasione in Ucraina al Gru, il servizio segreto militare”.

Questo cosa comporta?

“Il Gru non ha la stessa struttura amministrativa dell'Fsb e, perciò, vi sarà un cambio di strategia in quest'ambito. L'apparato di propaganda russo è stato il più potente della terra tanto che, prima dell'invasione dell'Ucraina, nessuno dei Paesi colpiti riusciva a prevenire gli attacchi. Oggi, invece, l'Ucraina, la Nato e l'Ue sono riusciti a sviluppare delle strategie con cui prevenire alcune ondate di disinformazione”.

E queste strategie stanno dando i loro frutti?

“Sì, questa è forse la prima volta nella storia in cui si può dire che la Russia sta perdendo la guerra della disinformazione, nonostante i milioni investiti su Twitter. I Paesi europei che hanno sanzionato RussiaToday e le televisioni russe sono riusciti a contrastare la propaganda russa, mentre l'India e il Sudamerica (tranne l'Argentina) no”.

In cosa consiste la disinformazione russa e quali sono i suoi obiettivi?

“Storicamente l'obiettivo dell'apparato russo non è mai cambiato: la destabilizzazione del nemico, in particolare quella delle democrazie di stampo occidentale. Con le tecniche di destabilizzazione, attraverso i social, anzitutto si individuano i punti di vulnerabilità di una certa società. Una volta fatto questo, la discussione nazionale viene inquinata proprio su quei punti vulnerabili immettendo nel ciclo dei media un'informazione corrotta. Da un lato, dunque, abbiamo le fake-news che sono disinformazione pura, dall'altro lato abbiamo la misinformazione”.

Di cosa si tratta esattamente?

“Quest'ultima è la cosiddetta maskirovka, ossia una tecnica tipica dell'Unione Sovietica con cui si cerca di mascherare la realtà decontestualizzandola e presentandola sotto una nuova luce che porta il pubblico ad arrivare a pensare delle verità distorte. Nella sua forma più estrema viene applicata nelle teorie della cospirazione, ma è stata usata anche per polarizzare il dibattito sui vaccini fino a far esplodere violente proteste”.

Ma, finora, la disinformazione russa quali risultati ha ottenuto?

“I russi, oggi in Ucraina, come già ieri in Georgia e in Siria, hanno inserito tra i motivi usati per giustificare la guerra l'esistenza di laboratori di armi batteriologiche. Di volta in volta, questa giustificazione è riadattata in base alle esigenze. All'inizio di questo conflitto, secondo i russi, l'America e l'Ucraina sarebbero state in combutta per creare queste armi. Poi si sarebbero aggiunti il Regno Unito, il figlio di Biden e George Soros. M non solo. I russi, oggi, accusano gli ucraini di essere dei nazisti proprio come in Siria accusavano le truppe dell'esercito delle milizie popolari che si opponeva ad Assad di essere dei jhadisti. La tecnica è la stessa usata negli anni '80 quando, con l'operazione Infektion, i russi riuscirono a creare il panico per l'Aids e a creare un movimento popolare che si scagliava contro un giovane Anthony Fauci, proprio come avviene oggi per il Covid”.

Lei cosa pensa dei filo-putiniani alla Orsini?

“In Italia, abbiamo un problema strutturale che esula dal singolo individuo. Non c'è solo Orsini. Non dimentichiamo che giornalisti come Soloviev e Popov vengono regolarmente ospitati nelle nostre tivù, nonostante siano stati sanzionati dall'Ue in quanto famosi propagandisti russi. Riguardo al professor Orsini penso che se, con le sue dichiarazioni, si è guadagnato più di una menzione sulle televisioni di stato russe e una dalla Tass significa che, forse, ha una visione coincidente con quella degli apparati di propaganda russa”.

Come si combatte la disinformazione?

“Si combatte con un ecosistema mediatico sano. La Bbc, per esempio, ha un ufficio con impiegati che spesso vengono prestati dalle università dove per anni hanno studiato la disinformazione. Uffici di questo tipo, in Italia, ancora non esistono.

In secondo luogo, la disinformazione si combatte con la trasparenza, riducendo la polarizzazione delle opinioni e attraverso la conoscenza dei fatti, come si è visto col tema dei vaccini. Infine, nelle ultime settimane l’Ue ha approvato il Digital Service Act (DSA) che segnerà in maniera profonda il futuro di internet e porrà anche un freno alla disinformazione”.

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