Ecco l'Italia che rinnega i simboli della sua fede

Ecco l'Italia che rinnega i simboli della sua fede

Ma che Paese è il nostro? Dove nelle scuole si vieta di fare il presepe o di portare l'acqua santa a Pasqua per «rispetto» delle altrui religioni. Dove nei tribunali è proibito esporre il crocefisso perché se «la Legge è uguale per tutti», altrettanto non si può dire delle Fedi. Hai visto mai che un islamico che ha fatto una strage in nome di Allah, possa offendersi perché il giudice che lo condanna ha alle spalle il simbolo di Gesù in croce. Ma come la mettiamo se è proprio un giudice a sostenere l'«impresentabilità» del crocefisso in tribunale? L'ex giudice di Camerino, Luigi Tosti, per difendere questa sua strenua battaglia laicista, è stato disposto addirittura a farsi rimuove dall'ordinamento giudiziario con un provvedimento del Csm unico nel suo genere. Ma che Paese è il nostro, in cui il sindaco di Milano si oppone (complice la Sovrintendenza ai beni culturali) all'installazione vicina al Duomo di una copia in gesso della Madonnina. Ma che Paese è il nostro in cui i giornalisti non possono usare il termine «nomadi», mentre questi signori «diversamente stanziali» (va bene come sinonimo di «nomadi»?) oltraggiano le nostre chiese (con la connivenza di certi preti, cosiddetti «di strada») trasformandole in dormitori di fortuna. Ma che paese è in nostro in cui nelle recite di fine anno ai bimbi degli asili sono messi al bando i canti di Natale perché i baby Testimoni di Geova potrebbero «traumatizzarsi»; quegli stessi Testimoni di Geova che però, in un Paese come il nostro, possono impunemente negare una trasfusione a un figlio in fin di vita. Ora, secondo voi, cosa fa più male: ascoltare «Tu scendi dalle stelle» o non ricevere il sangue che può evitare di farti morire?

Un capitolo a parte lo meriterebbe il mondo dell'arte, dove per passare per «figo», «provocatorio», «alternativo», «rivoluzionario», «geniale» è sufficiente mettere in croce una rana o fare pipì in una teca con dentro un Cristo sul Golgota.

Ma che paese è il nostro dove per anni un signore che si chiamava Adel Smith ha tenuto in scacco i tribunali di mezza Italia solo perché non voleva che il figlio a scuola facesse lezione in un'aula in cui era appeso al muro un crocefisso. E il bello (anzi, il brutto) è che a questo signore, alla fine, la giustizia italiana ha dato ragione con una sentenza che ha finito col fare giurisprudenza. Tanto che oggi il crocifisso - il simbolo più nobile della nostra tradizione cattolica - è diventato un «oggetto diseducativo» anche per il nostro stesso ministero della Pubblica istruzione che infatti ne ha inibito la «pubblica esposizione». Come se quei due solenni e misericordiosi pezzi di legno («raffiguranti solo un cadaverino», così ebbe a definirli l'«islamista» Adel Smith) dovessero farci vergognare invece di inondarci di misericordiosa serenità.

Lo scorso 14 agosto Adel Smith è morto a Verona, a 54 anni, per una grave malattia.

Nei primi anni Duemila divenne «famoso» per la sua battaglia contro la presenza di simboli sacri negli edifici pubblici, culminata con il lancio di un crocifisso dalla finestra dell'ospedale «San Salvatore» dell'Aquila. Lo stesso ospedale in cui Smith è morto in una stanza senza crocifisso. Che Dio abbia pietà di lui.

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