Le Ong e il fenomeno immigrazione: sono questi gli argomenti che in queste ultime settimane tengono acceso il dibattito nei piani alti dei governi degli Stati appartenenti all’Unione Europea, Italia in primis. Già perché è proprio qui che si concentrano sia gli sbarchi autonomi dei migranti sia quelli favoriti dalle Organizzazioni Non Governative. L'ultimo caso è quello della Sea Eye, nave battente bandiera tedesca che chiede di entrare in Italia con 400 migranti a bordo. Dopo aver effettuato sei trasbordi nel centro del Mediterraneo, lontano dalla zona Sar italiana, l’imbarcazione ha chiesto un porto sicuro a Malta che ha espresso, come sempre, il proprio diniego. Da qui, rotta verso le coste italiane con l’obiettivo di potervi accedere. La nave adesso si trova a circa 20 miglia nautiche dalla acque territoriali lungo le coste della Sicilia in attesa di ricevere il fatidico “si”. L’ ennesima richiesta da parte di una delle tante navi Ong ha fatto aprire la questione relativa alla difesa dei confini territoriali. Più voci all’interno del governo hanno sottolineato che l’Italia non è responsabile nel dover coordinare fatti accaduti in zona Sar di altri Paesi. Al contempo è stata chiamata ad intervenire la Germania, dal momento che la nave che ha eseguito il trasbordo dei migranti è tedesca.
A ribadire il perché Sea Eye deve portare i migranti in Germania è stato l’ammiraglio Nicola De Felice il quale su IL Tempo ha detto che “una nave è giuridicamente del territorio dello Stato di cui batte bandiera, quindi Geo Barents e Ocean Viking sono territori norvegesi, Sea Eye 4, Sea Watch 3 e 4 è territorio tedesco, Open Arms Spagna. Sia applicato dunque - ha proseguito De Felice - il regolamento Ue di Dublino che impone agli Stati membri di portarseli a casa loro”. La Norvegia, non fa parte dell’Unione Europea ma ha ratificato l’accordo assieme alla Svizzera. L’ammiraglio ha richiamato gli Stati Ue ad una maggiore responsabilità: “Per fermare le partenze dovute al fattore attrattivo che queste navi oggettivamente mostrano ponendosi di fronte alle coste libiche, bisogna immediatamente e decisamente responsabilizzare gli Stati di Bandiera di fronte ai loro doveri di protezione internazionale e di asilo politico, secondo i canoni sanciti dalle norme internazionali”.
L’estate è ormai alle porte e fenomeni come questi saranno a breve alla portata di tutti i giorni. Le navi delle Ong stazionano nei pressi delle coste della Libia, a Zuara e davanti Al Zawiyah, aree trafficate da barchini e barconi carichi di migranti che difficilmente riuscirebbero ad affrontare un viaggio nel pieno centro del Mediterraneo. E così, nel mezzo delle acque di competenza libica, maltese o tunisina, gli stranieri vengono recuperati dalle grandi imbarcazioni delle Ong e, come da copione, portati in Italia.
E di navi attive, oltre alla Sea Eye, al momento ce ne sono diverse: le tedesche Sea Watch 3 e 4, la spagnola Open Arms, la norvegese Ocean Viking e, a breve, anche la Geo Barents, noleggiata da Medici Senza Frontiere. Impossibile pensare che l'attività di queste navi si concluda nei porti italiani.
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