Ecco tutti gli uomini di papa Bergoglio

Bergoglio ha i suoi "guardiani della rivoluzione". Ecco tutti i nomi della contrapposizione tra "progressiti" e "conservatori" in Vaticano

Ecco tutti gli uomini di papa Bergoglio

Papa Bergoglio, com'è naturale che sia, ha i suoi fedelissimi. I pontificati generano entusiasmi e critiche e così, anche Francesco, deve fare i conti con le anime presenti all'interno del cattolicesimo. Joseph Ratzinger, dicono i ben informati, aveva abituato le sacre stanze ad una serie di passaggi dialettici con le varie espressioni "correntizie". Soprattutto con l'area progressista che ne contestava la visione del mondo. Bergoglio, invece, sembrerebbe molto più diretto e meno propenso al dialogo interno. Specie riguardo alle nomine. Ed è da questo quadro, insomma, che verrebbe fuori un insieme, quello dei "guardiani della rivoluzione":bergogliani di ferro chiamati alla difesa delle svolte dottrinali di Papa Francesco. Ma chi sono gli uomini del Papa"? Su chi Francesco fa pieno affidamento?

I "comunicatori", in primis. Nello specifico un trio: Stefania Falasca, giornalista romana, Gianni Valente (suo marito) e Andrea Tornielli, il coordinatore di "Vatican Insider", sul quale girano voci, smentite dall'interessato su Twitter, di un'imminente nomina alla direzione di Avvenire. Cosa accomuna, tra le altre cose, questi tre nominativi? Sono stati collaboratori di 30 Giorni, rivista dell'area di Cl romana. Un mensile legato a don Giacomo Tantardini. Scriveva il professor Francesco Agnoli in un articolo riguardo questa rivista: "Ricordo un numero del 1991 intitolato "Chiesa cattolica o occidentale"? Vi si difendeva la posizione del pontefice contro la guerra di Bush in Irak. Sul fronte interno 30 Giorni era schierato su posizioni fortemente conservatrici: grande spazio era lasciato al tradizionalismo, e si guardava con simpatia sia a mons. Lefebvre (alla sua morte uscì un articolo intitolato:"Non è morto scomunicato"), sia alla liturgia antica (un intero inserto, a firma Andrea Tornielli -l’ex direttore della Bussola, oggi a Vatican Insider– fu dedicato a Annibale Bugnini massone e alle idee liturgiche dell’allora cardinal Ratzinger, in un numero del 1992 intitolato: "La massoneria e l’applicazione della riforma liturgica", sottolinea Agnoli.

Quello che i conservatori mettono in evidenza, in sintesi, è un presunto cambio di linea derivante dall'elezione dello stesso Bergoglio al soglio pontificio. Valente, del resto, è stato il primo cui Bergoglio ha telefonato quando è diventato Papa. Questi tre, ma anche monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della segreteria per la comunicazione della Santa Sede. Dall'ex gruppo di 30 giorni, poi, fanno parte anche altri. Scrisse al riguardo Sandro Magister: "Mentre Lucio Brunelli, di cui si ricorda la pubblicazione nel 2005 del diario anonimo di un cardinale del conclave con i retroscena dei 40 voti rastrellati allora da Bergoglio, è passato da vaticanista della tv italiana di Stato a direttore del telegiornale di TV 2000, l'emittente dei vescovi. Il cognato di Brunelli, Massimo Borghesi, professore di filosofia all'Università di Perugia, continua ad essere l'intellettuale del gruppo, ultrabergogliano anche lui, anche a costo di andare fuori misura nel prendere le distanze dal pensiero di Joseph Ratzinger", sottolinea il vaticanista. Da un'area specifica di Cl, in fin dei conti, proverrebbe l'emanazione più importante della comunicazione pontificia. Fuori dagli ex collaboratori della rivista, oltre al già citato Viganò, c'è Padre Spadaro, considerato da alcuni come il vero e proprio "spin doctor" del Pontefice.

Non solo giornalisti, ovviamente. Tra gli uomini di Bergoglio ci sono i cardinali: il brasiliano Hummes, l'honduregno Mariadaga e l'inglese, deceduto pochi giorni fa, Cormac Murphy-O’Connor. E, soprattutto, i cardinali tedeschi Kasper e Marx e il belga Danneels. Tre gli italiani annoverabili nel gruppo dei bergogliani: Montenegro, Stella e Coccopalmerio. Tutti progressisti. Ma il "cerchio magico" si estende oltre Santa Marta: Mons. Galantino, segretario CEI, presentato a Bergoglio, a quanto sembra, da Viganò. Giancarlo Perego, poi, il cosiddetto "vescovo dei migranti". Questi ultimi due sarebbero i più vicini a Bergoglio rispetto la questione dello ius soli. Più gli uomini di sant'Egidio, in particolare mons. Vincenzo Paglia. E dall'altra parte? Il fronte conservatore? I cardinali meno entusiasti del pontificato di Bergoglio sarebbero i defunti Meisner e Caffarra, Mueller, Brandmueller, Sarah e Burke.
La "colpa" di Burke, il motivo della spedizione su un'isola sperduta, sarebbe stata quella di aver aiutato Bendetto XVI nella nomina di molti vescovi americani, tutti conservatori e critici di Obama. Bergoglio avrebbe, poi, nominato cardinali avversari alla linea dell'arcivescovo statunitense, due vicini alle posizioni dell'ex presidente degli Stati Uniti: Cupich e Tobin, che sarebbero annoverabili tra gli "anti-Trump". E nella presunta contrapposizione tra "conservatori" e "progressiti", ovviamente, rileva anche l'apposizione della firma ai "dubia" sull'esortazione pontificia "Amoris Laetitia". Tra i cardinali indipendenti, invece, Parolin, segretario di stato del Vaticano, si distanzierebbe da Bergoglio su due tematiche: l'immigrazione e l'opinione riguardo a Putin. L'incontro tra Francesco e Gentiloni sui migranti, peraltro, sarebbe avvenuto a casa dell'arcivescovo Angelo Becciu, numero due della segreteria di stato vaticana e non in quella di Parolin. Nessuno dei cardinali conservatori, però, è a capo di alcuna cordata. Come ricordato in questo editoriale, in fin dei conti, la Chiesa non è un'istituzione democratica. Non c'è, dunque, un disegno politico alternativo possibile. Sarah, ad esempio, per quanto sia stato nominato dal Papa attuale, incarna la linea di Ratzinger sulla liturgia ancorchè sia stato contraddetto da Bergoglio sulla "missa versus Orientem", non ha mai messo in discussione l'autorità del Papa. Così come gli altri che, semplificando, vengono definiti "tradizionalisti" o "conservatori". Del resto anche il defunto cardinal Caffarra aveva affermato: "Io sono nato papista, sono vissuto da papista e voglio morire da papista!", con un riferimento esplicito alle posizioni anticattoliche (l'uso della parola "papismo") da parte dei riformatori protestanti più agguerriti.

Che esista o no uno scontro interno, sembra palesarsi che "Gli amici di Bergoglio sono i nemici di Ratzinger", come titolato in articolo di Matteo Carnieletto del 2015, tanto tra i prelati quanto tra i vaticanisti. Con qualche eccezione importante: quelli che hanno cambiato idea. Giuseppe Rusconi, vaticanista svizzero ed autore del blog Rossoporpora, non celebre per essere un bergogliano, sostiene che nonostante le apparenze fra i due ultimi pontificati c'è "una differenza che è palese nell'approccio pastorale, in quello comunicativo e per certi versi pure in ambito magisteriale". La "fludità" di una Chiesa focalizzata sulle tematiche ambientali e sull'immigrazione contro la "rigidità" dottrinale sui valori non negoziabili, tipica dei nostalgici di Ratzinger. La storia bimillenaria della Chiesa, ancorché in tempi e modi diversi, è sempre stata costellata da diversità di vedute se non da situazioni conflittuali. Nulla di nuovo, si dirà, al di là del Tevere. Siamo perciò convinti che – com’è accaduto in passato – la vicenda umana della Chiesa proseguirà nel corso dei secoli. Del resto chi non ricorda l’episodio del 1806 allorquando Napoleone, mentre portava via prigioniero verso la Francia papa Pio VII, si rivolgeva sprezzante al cardinale Consalvi, segretario di Stato, dicendogli: "In pochi anni, io avrò distrutto la Chiesa!". Ma il cardinale gli rispose con arguzia: "No, Maestà! non ci siamo riusciti noi preti, a distruggerla, e in 17 secoli.

Non ci riuscirà neppure lei". Pochi anni dopo Napoleone era a Sant'Elena, dove finiva i suoi giorni, mentre Pio VII rientrava a Roma il 24 maggio del 1814. Chiesa e Papi sono arrivati fino ad oggi. E così, con ogni probabilità, sarà in futuro.

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