Che faccia ha un genio? Ad esempio, per dire, Alessandro Volta? Ora lo sappiamo. Al Museo per la storia dell'università, a Pavia da qualche giorno, si può osservare, sbalorditi, il volto del grande comasco, inventore della pila e scopritore del metano, due cosette senza le quali la nostra vita sarebbe oggi leggermente diversa. Volto ricostruito tridimensionalmente con tecniche innovative che mixano tecnologia e umanità. Si è partiti dal calco in gesso del cranio di Volta realizzato quando Cesare Lombroso - uno che sulla fisiognomica costruì una discreta anche se controversa fama - ottenne di riesumare le spoglie per studiarle (poi la salma fu traslata a Camnago Volta, a Como), trovando peraltro il geniale volto di ragguardevoli dimensioni. Sulla base di quel modello, tuttora conservato nel Museo per la storia dell'università di Pavia diretto da Lidia Falomo, dove Volta insegnò per molti anni a partire dal 1778, i tecnici del laboratorio di Antropologia e odontologia forense dell'università di Milano, esperti nella ricostruzione facciale in casi forensi, hanno digitalizzato il volto con uno scanner tridimensionale. Sono stati poi aggiunti i fasci muscolari e si è ottenuto quello che possiamo vedere ora: due volti, uno di Volta a 45 anni e uno di Volta a 75, ritratto dello scienziato da giovane e da vecchio, quest'ultimo allo stato ancora grezzo, vale a dire senza colori. Una faccia austera e pungente, dalla fronte spaziosa, dallo sguardo vivace e dalle labbra sottili. Il Volta giovane ha dei capelli scuri con la riga in mezzo un po Kim Jong-un style, quello anziano è pelato, perché anche un genio come lui non trovò evidentemente rimedio alla caduta dei capelli. Volta è in buona compagnia: nella nuova sala museale pavese, una sorta di galleria delle facce, il suo volto è assieme a quello dello scrittore Francesco Petrarca, del musicista e patriota Pasquale Massacra e di Gian Galeazzo Visconti, primo duca di Milano.
Che poi Volta non ha solo un bel viso altero, ma anche una storia che non è quella che uno si attenderebbe da uno scienziato che per tutta la vita si occupò di elettrometria e gas. Diremmo uno scienziato dalle due facce, se la battuta non fosse scontata (ma lo facciamo lo stesso). Il Volta quarantacinquenne che vediamo a Pavia fissarci con il suo sguardo furbo e sbarazzino era un tipo che la gloria e gli onori portarono a girare per l'Europa, a ricevere onori perfino da Napoleone Bonaparte. E che beneficiò di questi privilegi in epoche pre-Ryanair (oltreché pare di una commendevole capacità di avere la battuta sempre pronta; e quanto ci piacerebbe avere un saggio di questo umorismo da scienziato settecentesco) per tacchinare un po' ovunque. Nei salotti le donne lo cercavano e lo guardavano con occhi dolci. E lui non si sottraeva a tanta muliebre ammirazione. Una vita di bohème che si interruppe bruscamente quando nel 1789 Volta si innamorò perdutamente della temperamentosa soprano Marianna Paris, accettando perfino il chiacchiericcio sulla di lei poco onorata professione, e soprattutto di rinunciare agli stravizi lubrichi a cui ormai pareva essere avvezzo. Alla vicenda Paolo Mazzarello ha dedicato un libro (Il professore e la cantante) che racconta anche come il fratello di Alessandro, arcidiacono di Como, si oppose a questa unione scandalosa, pretendendo che lo scienziato liquidasse la cantante con una buonuscita e se la togliesse dalla testa (dal cuore evidentemente no).
Male per il povero organo palpitante dell'illustre scienziato, bene per la scienza stessa, visto che Volta canalizzò la frustrazione per l'amore perduto nell'applicazione agli studi condotti dal collega Luigi Galvani sulle rane, che egli decise di contestare in molti aspetti, finendo per approdare, nel 1799, all'invenzione della pila elettrica. E poi dite che l'amore non serve a niente, mentre guardate le tacche del vostro smartphone e tirate fuori dallo zaino il caricabatterie, anche questa Volta.Andrea Cuomo
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