Effetto Draghi: partiti tutti incollati

Se si votasse domani mattina? Accadrebbe una cosa mai vista nella storia della Repubblica: i primi quattro partiti racchiusi in poco più di quattro punti e mezzo.

Effetto Draghi: partiti tutti incollati

S e si votasse domani mattina? Accadrebbe una cosa mai vista nella storia della Repubblica: i primi quattro partiti racchiusi in poco più di quattro punti e mezzo. Per certi aspetti è sconvolgente l'ultima rilevazione dell'Istituto Ixè sulle intenzioni di voto degli italiani: Lega 21,6%, Partito democratico 19,8%, Fratelli d'Italia, 18,1%, Movimento 5 Stelle 17%. Il primo partito sotto la doppia cifra resta Forza Italia al 7,8%.

È cambiato profondamente il quadro politico in quasi due anni, prendendo come riferimento l'ultima grande tornata elettorale a rilievo nazionale, le Europee del 26 maggio 2019. Allora la Lega, spinta nel primo governo Conte grazie all'effetto Salvini, riscosse il 34,3% dei voti reali. Oggi con il Capitano bersagliato dai magistrati e mobbizzato dall'asse Pd-M5s, il Carroccio di governo resta sulla carta il primo partito, ma con una impressionante erosione dei consensi. In pratica gli manca quel 13% finito in blocco a Fratelli d'Italia, che ha triplicato il suo potenziale bacino di consensi in appena 24 mesi: alle Europee raggiunse il 6,5%.

Due le considerazioni immediate. La più semplice suggerisce come la scelta dell'opposizione solitaria stia gettando le basi della poderosa progressione della Meloni. Analogamente la regressione di Lega e Pd (M5s è invariato rispetto a due anni fa) costituisce il pagamento di un pegno con l'ingresso nel governo Draghi di unità nazionale, un rassemblement di guerra che fonde schieramenti e leader geneticamente incompatibili.

L'«effetto SuperMario» segna un deciso ridimensionamento delle forze politiche rispetto a un leader esterno che gode di una doppia investitura fondata sul gradimento popolare e soprattutto su quello dell'establishment planetario.

Quando il Pci superò la Dc alle Europee del 1984 di appena lo 0,37%, le due grandi chiese della Prima Repubblica superavano insieme il 66%, lasciando le briciole alle altre forze. Oggi, nell'Italia che si sta rialzando dalla pandemia, i primi quattro partiti incollati al fotofinish sono lo specchio di una democrazia semicongelata per motivi di forza maggiore.

La convivenza forzata a Palazzo Chigi tra alleati riluttanti rimanda a tempi migliori la vera sfida per il primato. Del resto la gran parte degli italiani si è affidata a Draghi proprio perché la traversata nel deserto sia la più breve possibile. Verrà il momento della competizione elettorale e sicuramente le carte saranno rimescolate. Anche i sondaggi, va detto, risentono del clima da partita amichevole quando non c'è uno straccio di elezione in vista.

Fotografiamo questa «classifica anomala» e ripeschiamola quando si voterà per Palazzo Chigi. Solo in quel momento si potrà realizzare se è stata una curiosità irripetibile o se l'elettorato sarà cosi polverizzato da richiedere ulteriori formule di governo. Sempre meglio creative che emergenziali.

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