Tasse, infrastrutture e rapporti sindacali. Sono queste le leve su cui occorre intervenire per Roberto Nardella, presidente di Confimea e Cfc. L'obiettivo, sempre più necessario e urgente per chi lavora sul campo, è risollevare le sorti della piccola e media impresa italiana, che resta in uno stato di profonda sofferenza.
Lo dimostrano tutti i dati, perfino quelli sul pagamento dei cedolini dei fondi interprofessionali: «Il 60% delle aziende non versa lo 0,30 perché è in sofferenza, il restante 40% ha chiuso e quindi non verserà più» osserva Nardella, che dà una lettura critica, anche se non pessimistica, del quadro attuale e delle misure messe in campo: «I dati del Pil in lieve ripresa e quelli sulla fiducia in leggera risalita - spiega - sono il frutto di una situazione temporanea, non strutturale. Abbiamo alle spalle una stagione estiva lunghissima, abbiamo avuto gli sgravi contributivi previsti con il Jobs act , ma nel lungo periodo, quando gli effetti di queste misure saranno esauriti, non ne usciamo con queste ricette». La Cfc, Confederazione delle associazioni d'impresa, che nasce dalla fusione di Confimea e Federterziario, oggi rappresenta oltre 500mila partite Iva con oltre 3.900.000 addetti nei settori dell'agricoltura, dell'industria e del terziario. A Cfc hanno aderito 52 associazioni datoriali, con 80 sedi e 300 sportelli. Ed è anche su relazioni nuove tra il mondo datoriale e quello sindacale che punta per costruire un modello che premi il merito e l'innovazione. Secondo l'analisi di questo mondo produttivo, infatti, le vecchie categorie centraliste non riescono più ad assolvere la loro funzione.
E occorre ripartire dal merito anche nell'impresa e nel lavoro.Cfc ha già aperto tredici centri studi. E alla «Energia positiva d'impresa» è dedicato il primo congresso nazionale dell'Ente bilaterale generale Ugl-Confimea, a Roma, il 6 novembre a Palazzo Wedekind.
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