Niente affitto per l'infermiera. "Hanno paura di noi. Siano soli"

La storia di Rossella, infermiera di 33 anni arrivata a Catania da Milano: "Ci chiamano eroi, ma hanno paura di noi. Non sono riuscita a trovare una casa dove sistemarmi, dicono che non è il momento di affittare. Siamo soli, sfiniti e avviliti"

Niente affitto per l'infermiera. "Hanno paura di noi. Siano soli"

Li definiamo eroi, scriviamo striscioni di solidarietà, siamo pronti a riempirci la bocca di parole di gratitudine e di ammirazione nei loro confronti, eppure quanti di noi sarebbero davvero disposti a porgere la mano nei confronti di un medico o di un infermiere, quando è da lui/lei che arriva una richiesta di aiuto? Non tutti, pare. Amara la storia di un'operatrice sanitaria che, arrivata a Catania da Milano ed in cerca di una sistemazione, si è vista chiudere in faccia numerose porte. Fanno male le parole di Rossella, che su "CataniaToday" racconta quanto sta vivendo in questi giorni di emergenza. Oltre al dolore ed alla fatica del lavoro in ospedale, anche tanta solitudine.

"Sono arrivata a Catania per una mobilità ed ho iniziato a lavorare l'1 marzo. Mi sono trasferita da Milano circa un mese fa e, appena arrivata, ho subito cercato una casa in affitto, ma nulla", spiega la 33enne, senza riuscire a nascondere la tristezza. "Ho risolto momentaneamente, grazie ad una collega. Abbiamo deciso di condividere una stanza dopo 3 settimane di ricerca senza nessun risultato. Non definiteci eroi, per poi chiuderci le porte in faccia. Lavoro in Pronto Soccorso, dove tutti i giorni arrivano decine di persone e, tra queste, ci sono anche pazienti sospetti di essere positivi al Covid-19. Tutti ci osannano, ci dicono di tenere duro, che siamo degli eroi. La verità è che la gente ha paura di noi e che non sono ancora riuscita a trovare una stanza o un appartamento dove stare, perché alla parola ospedale tutti spariscono. Rispondono che non è il momento di affittare casa, che è meglio evitare".

La delusione è tanta, ma l'emergenza in corso non permette alla giovane infermiera di soffermarsi troppo su questo sentimento. "Mi trovo ad affrontare questa emergenza sanitaria qui a Catania. In pochi secondi, bisogna indossare tutti i presidi necessari ed entrare col paziente in area isolamento", racconta Rossella. "Ci ritroviamo in una zona che ha del surreale: silenzio assoluto, spesso l'unico rumore che si sente è quello di un monitor, che rileva i parametri di continuo. I pazienti si ritrovano a vederci con maschere, tute bianche addosso, visiere, calzari e doppi guanti. L’unica parte del corpo che vedono sono i nostri occhi, gli unici che ci permettono di garantire un residuo di umanità in questa terribile emergenza. A nessun parente è permesso di entrare, se non hanno dietro un telefonino è difficile anche metterli in comunicazione. Non sanno cosa potrà aspettarli, o forse ne hanno sentito parlare, ovviamente tutti sperano che loro non siano gli sfortunati che andranno nei reparti dedicati. E poi, da un momento all'altro, esami ematici, ECG, TC torace, tampone NF, ossigeno-terapia. Non è uno scherzo, non siamo esagerati".

Il dolore nelle parole dell'infermiera è evidente. Con il Coronavirus i reparti ospedalieri si sono come trasformati: un inferno per i pazienti ma anche per i sanitari che si trovano ogni giorno a dover combattere contro la malattia in totale solitudine, come i loro assistiti. "Dopo 3 ore in area isolamento ti manca l'aria, ma non puoi togliere la maschera, hai la gola arsa, ma non puoi bere né mangiare, senti caldo, inizi a sudare, ma non puoi togliere la tuta per rinfrescarti e la maschera ti lascia i segni sul viso. Esci da quell'area sfinita, avvilita, incredula, frastornata, amareggiata, ma sopratutto triste e sola", racconta l'infermiera. Dopo turni così massacranti, un operatore sanitario vorrebbe solo tornare a casa e ricevere un po' di calore umano. Purtroppo, però, non è sempre così, come dimostra la storia di Rossella.

"Non

siamo eroi. Gli eroi nei libri, o nei film, vengono accolti, e osannati, nonostante alla fine rischiano sempre la vita. A noi ci è chiesto solo di sfidare la morte!", termina con amarezza la 33enne.

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