Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga, ha segnato un nuovo punto a suo favore nella battaglia a suon di cause promosse dai suoi figli Violetta e Giuseppe con al centro la proprietà delle azioni del gruppo. La prima Corte d'Appello civile di Milano, presieduta da Amedeo Santosuosso, ha rigettato il ricorso presentato dai due figli e ha confermato la sentenza con cui a marzo dell'anno scorso il giudice del Tribunale Enrico Consolandi aveva dichiarato "improcedibili tutte le domande esperite da Giuseppe e Violetta Caprotti", tranne due che ha invece rigettato.
La vicenda, per cui i giudici di secondo grado, con sentenza pubblicata nei giorni, scorsi hanno dato ancora ragione al patron dell'Esselunga, prende il via nella seconda metà degli anni Novanta, prima della rottura col primogenito Giuseppe, allontanato dall'azienda all'inizio del 2005 dopo due anni da amministratore delegato.
Allora l'imprenditore, oggi novantenne, aveva tenuto per sè solo una quota poco superiore all'8% di Supermarkets Italiani, la holding che controlla il 100% di Esselunga Spa. Il restante 92% circa era stato assegnato, attraverso la fiduciaria Unione Fiduciaria - citata anche lei in giudizio con Villata Partecipazioni, una società del gruppo - in tre parti uguali ai figli di primo letto Giuseppe e Violetta e a Marina, avuta dalla seconda moglie, con l'usufrutto del padre su circa un terzo delle quote.
A febbraio 2011, però, il patron di Esselunga, senza darne comunicazione e senza versare alcun corrispettivo, ha estinto il contratto fiduciario e ha ripreso il controllo delle azioni. Da qui la guerra con i figli nati dal primo matrimonio che è passata attraverso un lodo arbitrale e una causa civile nei quali finora ha sempre vinto dal fondatore della catena di supermercati.
In sostanza, come nel primo grado di giudizio anche nel secondo la "gran parte delle questioni proposte" sono già state risolte dagli arbitri e ciò "preclude la possibilità di decidere nel merito".
E poi, tra l'altro, la domanda "di usucapione delle azioni, proposta" è stata rigettata dalla Corte in quanto i figli hanno esercitato i diritti sulle stesse azioni solo "per concessione fiduciaria" conferita dal padre.
Padre che comunque si è visto anche lui respingere l'appello incidentale con cui ha chiesto la condanna per lite temeraria di Giuseppe e
Violetta i quali invece dovranno rifondere al padre, a Supermarkets Italiani e Villata Partecipazioni spa la somma complessiva di 58mila euro di "spese di lite". Ora ci si aspetta l'ultimo round in Cassazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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