Nell'ex fabbrica abbandonata: "Una trappola per vite umane"

Ecco cosa resta dell'ex fabbrica Trw di Livorno, abbandonata da sei anni e diventata uno spazio dove regna il degrado

Nell'ex fabbrica abbandonata: "Una trappola per vite umane"

Cumuli di spazzatura, vetri frantumati a terra, siringhe abbandonate dopo l’ultima dose di droga iniettata in vena. É questo quello che resta dell’ex fabbrica di componentistica auto che, nel 2014, ha chiuso i battenti lasciando a casa più di 500 famiglie. Uno scheletro rugginoso, mastodontico, spaventoso, che delinea quella che, ormai, sembra diventata una terra di nessuno.

I capannoni abbandonati dell’ex Trw in via Enriques, a Livorno, sono stati svuotati dal vivo rumore dei macchinari, tenuto attivo dalle centinaia di dipendente nell’ormai lontano 2014. “Ci hanno comunicato la chiusura dello stabilimento e le motivazioni erano che la società proprietaria doveva ridurre il numero degli stabilimenti in Europa e non c’era più spazio per quello di Livorno, che aveva un affitto di una certa consistenza…", racconta Marco, ex dipendente Trw.

Proprietaria dell’area è “Realty One”, una società per azioni che, per anni, ha affittato i metri quadri in proprio possesso alle varie aziende che si sono succedute. Società che, in realtà, era riconducibile a Fiat. La distinzione è sempre stata solo di ordine legale. La stessa Fiat per un periodo è stata il soggetto produttore del complesso. Fino a quando, non decise di passare il testimone a Trw. Una multinazionale americana. Il tutto senza che ci sia stato un cambiamento di proprietà dei terreni. Poi, nel 2014, al momento della chiusura, si iniziò a ragionare del passaggio da Trw a Zt, una società tedesca produttrice, a sua volta, di componentistica auto e il cui proprietario di maggioranza risulta essere lo Stato tedesco. Se inizialmente un segmento di produzione locale, italiano, che partiva da una società italiana come la Fiat, passò ad una multinazionale straniera continuando però a produrre, con la seconda operazione il complesso passò ad una multinazionale dello Stato tedesco che immediatamente, contestualmente all’acquisizione, decise di chiudere. Acquisirono i brevetti, le linee di produzione e mandarono 500 persone a casa. Ora, “Realty One” ha messo in vendita l’intera superficie al costo di 18 milioni di euro. Ai quali però, vanno aggiunti i costi di bonifica. Una spesa corposa, considerata la presenza di materiali in amianto contenuti all'interno del capannone sito in via Enriques.

Ad occupare lo stabile ormai abbandonato da sei anni ora sono i senza tetto. Che hanno adibito alcuni angoli delle enormi stanze a pericolose case in cui vivere. Bombole del gas, fornelli, resti di cibo rovesciati tra la polvere. Materassi, coperte e indumenti sporchi. Entrando nelle migliaia di metri quadri di degrado sono alla luce del sole le prove dell’occupazione dei disperati. Che di giorno lasciano gli spazi deserti e di notte riposano tra l’immondizia.

Entrare è semplice. Un’apertura nella ringhiera che delimita i capannoni della fabbrica funge da ingresso libero e negli ultimi anni, da lì, sono passati centinaia di ragazzi che hanno occupato l’ex fabbrica per sballarsi a suon di musica tecno, alcol e droga. I rave nell’ex Trw si sono svolti a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro e i festini degli abusivi hanno reso quegli spazi teatro di morte. L’ultimo incidente fatale a novembre del 2019. Quando una ragazza è stata trovata senza vita in un’auto parcheggiata dietro il capannone dove, qualche giorno prima, più di mille giovani da tutta la Toscana e da altre regioni avevano organizzato l’ennesimo party illegale che si è rivelato l’ultima notte di vita per Moira Piermarini, 30 anni. Solo due mesi dopo dentro quelle mura consumate dall’incuria si è spenta un’altra vita. Quella di Daniel Marian Timoce, 43enne originario della Romania, trovato morto nell'ex fabbrica Trw a Stagno dove sembra vivesse.

Ma nonostante i morti e la drammaticità evidente che emanano quei luoghi. Nessuno ancora è riuscito a fare niente per arginare questa situazione. Il comune di Livorno aveva tentato l’acquisizione dei terreni dell'ex fabbrica. Poi, le problematiche evidenziate dal sindaco dem Luca Salvetti: un costo esorbitante, insostenibile per la cassa pubblica. “Evidentemente però, se il Comune ha ritenuto in prima battuta di tentare per lo meno una trattativa, significa che l’ordine di grandezza per un investimento del genere non si allontanava così tanto dalle possibilità economiche dello stesso", analizza Lorenzo Gasperini, capogruppo Lega della provincia di Livorno. Che poi si chiede: “Perché se il Comune non ce la fa non intervengono altri soggetti di livello superiore, con disponibilità superiori, come ad esempio la Regione Toscana?”

Una soluzione questa, che permetterebbe all’amministrazione di avere completa autorità sui luoghi e pensare così ad una riqualificazione dell’intera area. Per quanto riguarda l’azienda, è stata disponibile all’interlocuzione e ha partecipato a dei tavoli per la sicurezza e l’ordine pubblico dove sono state fatte anche delle richieste, in particolar modo da parte del questore, per introdurre delle novità. Come la chiusura delle aree, dei varchi, l’inserimento del new jersey per impedire l’ingresso delle auto. Ma l’azienda, dopo le interlocuzioni, non ha fatto niente. Eppure, anche in questo caso, il comune sarebbe potuto intervenire. “L’articolo 54 del Testo Unico per gli enti locali dà dei poteri specifici al sindaco in materia di sicurezza urbana per cui potrebbe intimare all’azienda di porre in essere alcune condizioni per migliorare la situazione per quanto riguarda la sicurezza”, spiega ancora Gasperini. Dopo di che, in caso di inadempienza da parte del privato, il Comune può anche intervenire in supplenza del soggetto e, pur essendo un’area di proprietà privata, entrare, intervenire e porre in essere le opere richieste dall’ordinanza, dopodiché addebitarne i costi alla società proprietaria.

Altra

possibilità che il comune ha sempre ignorato, nascondendosi dietro il falso scudo della “proprietà privata” e regalando al degrado e alla morte un pezzo di terra che è diventato una trappola per vite umane.

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