Estradato dalla Spagna e giunto all'aeroporto di Fiumicino l'albanese Nure Gazmend, 39enne, è stato condannato a 22 anni di carcere per l'omicidio di un connazionale al quale aveva conficcato nella tempia un cacciavite. Il fatto di sangue, è avvenuto a Fasano, un Comune in provincia di Brindisi, vent'anni fa. All'epoca l'episodio aveva suscitato molto sgomento per l'efferatezza con cui venne commesso. Ad attendere Gazmend in aeroporto i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Brindisi che gli hanno notificato un ordine di carcerazione emesso a suo carico dalla Procura generale presso la corte d'appello di Lecce.
Sono passati quasi vent'anni da quando il primo agosto 1998 alle ore 20,30 giunse una telefonata ai carabinieri di Fasano da parte dei sanitari dell'ospedale in cui era stata ricoverata la vittima, un cittadino extracomunitario, probabilmente albanese, in stato di coma, in conseguenza di un 'trauma cranico encefalico commotivo' provocato da un cacciavite. Il ferito venne subito trasferito nell'ospedale "Di Venere" di Bari, per la gravità delle lesioni. Le indagini, avviate dai carabinieri della compagnia di Fasano, si orientarono sin da subito verso la comunità degli albanesi del luogo per identificare il ferito e ricostruire la vicenda. Infatti, portarono all'individuazione di un amico della vittima, che con l'ausilio di un interprete permise di localizzare un casolare abbandonato in contrada Gravinella, in agro di Fasano, dove furono recuperati i documenti che dimostravano il passaggio della vittima da quel luogo.
Si trattava di un alloggio di fortuna perché all'interno i carabinieri rinvennero un giaciglio e un borsone contenente indumenti personali e documenti risultati essere quelli della vittima identificata: Kaja Luan, morto a seguito delle lesioni dopo 18 giorni dall'aggressione, il 19 agosto 1998. L'autopsia del corpo consentì di rilevare la presenza, in testa, di un foro provocato da un punteruolo o una punta da trapano o da un cacciavite. L'amico della vittima testimone oculare dell'evento, minacciato con una pistola dall'omicida poiché aveva tentato di fermarlo per impedirgli di continuare l'aggressione all'amico, aiutò i militari a ricostruire tutte le fasi della vicenda e, soprattutto, il movente e le circostanze in cui era maturato il grave delitto legato alla contesa di un casolare rurale. Il 28 aprile 2003, Nure Gazmend latitante da subito e contumace ai processi, è stato condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Brindisi. La pena è stata poi riformata dalla Corte d'Assise d'Appello di Lecce in 22 anni di reclusione per il reato di omicidio, minaccia nei confronti del testimone e per porto illegale di arma comune da sparo. L'omicida dall'indole violenta non era nuovo ad eventi del genere, l'anno prima nel 1997, con un altro nome (Shepetim Hasani), a Frosinone, era stato indagato per tentato omicidio e porto e detenzione di arma atta ad offendere. Nel 1999, da latitante, aveva richiesto asilo nel Regno Unito, fornendo false generalità. Scoperto dalle autorità britanniche, aveva fatto perdere le proprie tracce.
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