Il fondatore dissociato

La Casaleggio associati si è dissociata. Dai Cinque stelle, ma anche da se stessa

Il fondatore dissociato

La Casaleggio associati si è dissociata. Dai Cinque stelle, ma anche da se stessa. D'altronde un Movimento nato da un comico sull'onda del Vaffa, non poteva che finire in un modo più schizofrenico e pirotecnico: con il fondatore che fa una scissione dalla sua stessa creatura (caso unico al mondo) e manda tutti i suoi soci proprio in quel posto che era la loro ragione sociale. È il Vaffa day all'ennesima potenza.

A pochi giorni di distanza dalla «chiusura» di Rousseau, Davide Casaleggio depone la lapide sull'esperienza grillina con un lunghissimo post affidato al Blog delle Stelle, cioè l'organo ufficiale dei pentastellati, affermando di fatto il diritto di proprietà su tutto il Movimento. Il figlio di Gianroberto è uomo di grandi riflessioni, ma di poche, pochissime parole. Un torrente di attacchi ed insulti di queste dimensioni è una bomba atomica sganciata scientificamente sulle già malconce truppe grilline. Casaleggio parla a nome suo ma, soprattutto, nel nome del padre.

Nel giorno di San Francesco d'Assisi, a undici anni esatti dalla fondazione del Movimento, Davide Casaleggio decide di sfondarlo. Di archiviarlo. Distruggerlo. «Se diventa un partito tolgo il mio sostegno», tuona. È l'esplosione di una pentola a pressione che bolliva di rabbia e frustrazione da anni. Lo sfogo di un uomo che si sente tradito da coloro i quali hanno banchettato con le sue idee, mentre lui «per quindici anni ha prestato gratuitamente la sua attività per una idea di partecipazione collettiva». E ce lo immaginiamo, Davide Casaleggio, curvo sulla sua scrivania milanese, ad immaginare mondi lontanissimi di democrazie dirette e memorie umane che si caricano e scaricano come se fossero iPhone. Perso a scrutare le sue (presunte) preveggenze è rimasto però totalmente orbo di quello che accadeva tra i suoi. Avrà anche intuito come sarà la società nel 2050, ma non ha capito un tubo di quello che succedeva nel frattempo nel cortile di casa sua. Mentre lui filosofeggiava, gli altri si spartivano le poltrone, diventavano come l'Udeur (Di Battista dixit) senza avere masticato la cultura politica della Dc, incassavano lauti stipendi, grattavano i soldi delle rendicontazioni e s'imboscavano quelli delle restituzioni.

Il Movimento è diventato un partito da anni, troppo comodo svegliarsi ora e fare la verginella stupita. Possiamo capire la delusione umana, non quella politica. Non occorreva un aruspice per prevederlo. I suoi fendenti sono inumiditi e rammolliti dalle lacrime di coccodrillo di un apprendista stregone che si accorge, con ritardo, di avere dato vita a un mostro indomabile. Perché, non dimentichiamolo, senza i Casaleggio sr e jr, Beppe Grillo sarebbe ancora un comico di successo che riempie i palazzetti dello sport e non un anziano malmostoso che butta giù dalle scale i cronisti. E Luigi Di Maio sarebbe ancora uno steward che dispensa bibite allo Stadio San Paolo e non il ministro degli Esteri che sciorina figuracce in giro per il mondo. Quel Luigi Di Maio che, forte delle 189 preferenze raccolte on line sulla piattaforma di Casaleggio, nel 2013 viene paracadutato alla Camera divenendone pure vicepresidente. E il resto della sua sfolgorante carriera politica lo abbiamo conosciuto tutti noi, sulla nostra pelle.

«I portavoce sono i dipendenti dei cittadini», ripete Casaleggio. Ma quei portavoce, che ora tanto disprezza, sono prima di tutto suoi dipendenti, con tanto di firma e sigillo in ceralacca. In barba alla Costituzione e al vincolo di mandato. «Mio padre conosceva profondamente l'animo umano e non gli sfuggiva la possibilità che qualcuno, una volta eletto, avrebbe potuto provare, perseguendo il proprio interesse carrieristico, ad annullare il ruolo degli iscritti e il concetto stesso di portavoce», scrive Casaleggio jr, ponendo una corona di fiori spinosi sui pentastellati. Dimostrando che il grillismo fallisce perché è impastato della materia della quale sono fatte le utopie, quelle che con le migliori delle intenzioni fanno solo disastri, a partire dal comunismo. Hanno un baco: pensano che il fattore umano sia solo un algoritmo che si può modificare a proprio piacimento.

Il sogno della democrazia diretta è finito con un pessimo risveglio.

Casaleggio se ne faccia una ragione e non offra la sua creatura «a tutte le associazioni nel mondo che vogliano dare voce ai cittadini». No, per favore, per carità di Patria, no. La prima è già stata un fiasco. Ci risparmi il bis. O, se proprio vuole provarci, almeno vada a fare casino dall'altra parte del mondo.

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