I giudici sono giudici, ovunque; e respirano ovunque nel mondo (pensate al ridicolo processo a Clinton, o alle vicende della Corte spagnola) il vento della insurrezione del popolo contro il palazzo, interpretando il ruolo dei vendicatori, che combattono il male costituzionale della politica. Poco importa se sbagliano; e criticarli è insubordinazione, provocazione, diffamazione, mancanza di rispetto per un potere dello Stato, soprattutto nella retorica dei politici che si vogliono far credere diversi.
Così dopo Pannella, gigante dei diritti civili, e nonostante la mia voce che ha gridato nel deserto, non si è visto nessuno esporsi in favore di Contrada, di Dell'Utri, di Mori, diversamente perseguitati da una giustizia ingiusta. Ma quelli che hanno sempre taciuto ora alzano la voce.
Hanno lasciato cucinare, distratti quando non accaniti, Berlusconi per questioni assolutamente private; e adesso, finalmente, gridano contro la magistratura: «Vogliamo oggi esprimere una grande preoccupazione ed un vero e proprio allarme per il rischio che la competizione elettorale democratica in un grande Paese venga distorta e avvelenata da azioni giudiziarie che potrebbero impedire impropriamente ad uno dei protagonisti di prendervi parte liberamente».L'appello è di Romano Prodi, Massimo D'Alema, Susanna Camusso. Hanno cambiato idea? No. Si indignano e si espongono contro i giudici per il minacciato arresto di Lula, in Brasile. Lì sì, la magistratura può sbagliare.
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